ADOLF HITLER: la storia di un tiranno spietato e inumano

30 aprile 1945: mentre i soldati dell’amata rossa combattevano per le strade di Berlino e americani, inglesi e russi avevano già occupato gran parte della Germania, il folle dittatore nazista, colui che aveva trascinato mezzo mondo nella più grande carneficina dell’umanità, provocando circa 55 milioni di morti, Adolf Hitler, si suicida con un colpo di pistola alla testa dopo aver ingerito una capsula di cianuro. Medesima sorte per sua moglie Eva Braun, sposata il giorno prima, morta in seguito all’assunzione del medesimo veleno. Ma chi era Hitler e come è giunto al potere? Ripercorriamo insieme la sua storia.

Adolf Hitler nacque il 20 aprile 1889 a Braunau am Inn da Alois e Klara Pölzl. Dei sei figli della coppia, Adolf fu il quartogenito e l’unico maschio a raggiungere l’età adulta sano; i fratelli maggiori erano tutti morti di difterite, i primi due a due anni, mentre il terzo poco dopo la nascita. Il fratello minore sopravvisse fino a sei anni, mentre l’ultimogenita, Paula, ebbe un leggero ritardo mentale. Il padre fu un uomo piuttosto assente, imperioso e severo, sia con i figli che con la moglie. La madre, al contrario, anche per colmare il vuoto lasciato dal marito, fu per certi versi, quasi soffocante. Il profondo legame che il futuro dittatore ebbe con la donna, fu confermato quando lei venne a mancare e il figlio dichiarò: “Mi parve che il mondo intero mi fosse crollato addosso; mi ritrovavo senza la mia stella polare, a dover prendere le decisioni in prima persona…” Ad ogni modo, della giovinezza di Adolf non si sa molto: di sicuro fu un pessimo studente. Fu respinto dalla Accademia delle Belle Arti di Vienna per “scarsa attitudine”. Dopo una breve permanenza a Liverpool, tornò a Vienna dove visse tra il febbraio 1908 e il maggio 1913. Fu in questo periodo che Hitler cominciò ad avvicinarsi all’antisemitismo, che divenne per lui una vera e propria ossessione. Iniziò a convincersi della superiorità della razza ariana, ostacolata dai “nemici naturali”, appunto gli ebrei. Leggeva moltissimo e per sbarcare il lunario, dipingeva acquerelli spesso acquistati proprio da ebrei. Il 25 maggio 1913 andò a Monaco di Baviera, per evitare di prestare servizio militare nell’esercito austro-ungarico, perché, come scrisse successivamente nel suo Mein Kampf, “quel crogiuolo di popoli inferiori mi aborriva: volevo togliermi di dosso la polvere viennese e mai avrei militato nell’esercito imperiale”. Nel gennaio 1914 sostenne la visita di leva ma il 5 febbraio fu mandato a casa “riformato” perché “gracile nel fisico, denutrito e mal ridotto nell’intero aspetto da sembrare tisico”. Hitler, ferito nell’orgoglio, rinunciò alla cittadinanza austriaca ma, non avendo ottenuta quella tedesca, divenne un apolide. Due giorni dopo che la Germania aveva dichiarato guerra alla Russia, Hitler scrisse una petizione al re Ludovico III di Baviera, chiedendo di essere arruolato volontario nell’esercito bavarese, nonostante fosse austriaco di nascita e in quel momento privo di fissa dimora. Il 16 agosto 1914, il futuro dittatore si arruolò come volontario a 25 anni nell’esercito bavarese del Kaiser Guglielmo II, assegnato nella prima Compagnia del sedicesimo Reggimento di Fanteria “List”, appartenente alla sesta Divisione di Riserva. Ottenne il grado di caporale e prestò servizio attivo in Francia e Belgio come staffetta portaordini (Ordonnanz). Durante il suo servizio, Hitler si dimostrò un soldato coraggioso e leale: non chiedeva licenze, rifiutava sigarette e alcolici, non si lamentava mai per i pidocchi, il fango, la sporcizia o il cattivo odore delle trincee. Era molto solitario, anche se alcuni soldati lo descrivevano in preda ad esaurimenti nervosi: se in un primo momento lo si vedeva immerso nei suoi pensieri, immediatamente dopo imprecava contro i “nemici interni del popolo tedesco”, con ovvio riferimento ad ebrei e marxisti. Il 7 aprile 1916 fu ferito da una granata alla coscia sinistra. Ricoverato per due mesi nell’ospedale militare di Beelitz, 50 chilometri a sud di Berlino, fu decorato con la Croce di Ferro di seconda classe il 2 dicembre 1916 e poi di prima classe il 14 agosto 1918. Il 28 settembre 1918 Hitler fu ferito da una scheggia in una trincea del villaggio di Marcoing e pare che uno dei soldati del reggimento, tale Henry Tandey, vedendolo ferito e incapace di difendersi, decise di risparmiargli la vita. Successivamente dirà: “Non potevo sparare a un uomo ferito, così l’ho lasciato andare. Dio sa quanto mi dispiace averlo risparmiato”. Il 13 ottobre 1918, fu intossicato temporaneamente da un attacco di gas iprite, che lo lasciò cieco per tre giorni. Due giorni dopo fu ricoverato all’ospedale Militare di Pasewalk dove, secondo alcune fonti, apprese della sconfitta tedesca del 9 novembre. Fu proprio durante questa degenza ospedaliera che maturò l’idea di darsi alla politica per riconquistare il potere. “Quando mi trovai costretto a giacere a letto, nell’immobilità, stringendo dalla rabbia il cuscino, alla notizia dell’armistizio, mi colpì la certezza che avrei liberato la Germania e l’avrei resa nuovamente grande. Seppi immediatamente ciò che si sarebbe immancabilmente realizzato”. La Germania era ormai al collasso economico e politico. Anche in questo caso, sia Hitler che altri nazionalisti, incolparono gli ebrei di aver appoggiato e sostenuto i rivoluzionari bolscevichi, che avrebbero minato dall’interno la resistenza dei soldati al fronte e spronato i politici (i criminali di novembre) alla resa e alla sottomissione del trattato di Versailles. Una volta rientrato a Monaco, Hitler visse in prima persona gli eventi devastanti della rivolta comunista, dove si era insediata la cosiddetta Repubblica bavarese dei Consigli. Non si sa con certezza cosa fece Hitler in quel periodo, ma è certo che la sua avversione verso il comunismo risalga proprio a quei tempi.

“…il comunismo è sinonimo di caos e di anarchia. Il comunismo è una forza disgregatrice della società e dello Stato perché fa affiorare l’istinto disfattista che c’è in ogni uomo debole. Io l’ho conosciuto bene il comunismo e ho rischiato la vita per combatterlo allora come oggi!” (Mein Kampf). Nel settembre del 1919 fu incaricato di spiare l’operato di un piccolo partito nazionalista, il Partito Tedesco dei Lavoratori (DAP) il cui fondatore, Anton Drexler, affascinato da un suo intervento, lo iscrisse al partito come membro numero 555 e con la carica generale di “propagandista”. In breve tempo divenne leader di quel partito, che ribattezzò poi con il nome di “Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori” (NSDAP) che adottò come simbolo la svastica, ritenuta icona solare “ariana” in antitesi agli ebrei reputati da alcuni essere “adoratori della luna”, oltre al saluto romano usato dai fascisti italiani. L’8 novembre 1923 Hitler organizzò un colpo di stato, noto come “Putsch di Monaco”, con lo scopo di rovesciare il governo separatista di destra della Baviera per poter marciare poi su Berlino. Il fallimento del piano gli costò un processo per alto tradimento: nell’aprile del 1924 fu condannato a scontare cinque anni di reclusione nel carcere di Landsberg am Lech. Considerato pressoché innocuo, beneficiò di una riduzione di pena e fu rilasciato il 21 dicembre 1924, dopo soli nove mesi di detenzione. Qui,lesse l’opera di Henry Ford, “L’ebreo internazionale”, alla quale si ispirò per scrivere il suo “Mein Kampf”. Grande oratore, si era presto reso conto di essere in grado di esercitare una notevole forza ammaliatrice sulla platea, soprattutto perché faceva leva sull’orgoglio nazionale, ferito dalla sconfitta in guerra e umiliato dal trattato di Versailles. Fece suo il manifesto del giornalista bavarese Dietrich Eckart, che sentenziava che “…Speculatori ebrei che a mo’ di pescecani si sono arricchiti vergognosamente a spese del sangue versato dalle vittime del conflitto, salvo poi dare avvio al Bolscevismo in Russia e alla socialdemocrazia in Germania (…) E la mano che brandiva il pugnale non esitò un solo attimo a vibrare il colpo tra le scapole del fratello, ad affondarlo nella schiena del miglior amico”. Originariamente, il partito nazista nacque in seno a una società esoterica segreta, che rivendicava il sangue puro dei tedeschi. Non a caso l’iscrizione a questa società era concessa solo a coloro che potevano dimostrare di essere di pura razza ariana dalla terza generazione dei propri avi, concetto ripreso e adottato successivamente dai nazisti. Hitler, che fino al 1922 coltivava essenzialmente un odio antisemita e anticomunista, si convinse della superiorità fisica, morale e spirituale della cosiddetta “razza ariana” al punto di estendere la sua aberrazione anche verso altre categorie di persone, nella fattispecie zingari, slavi e latini. Il primo punto di svolta favorevole per Hitler furono le elezioni del 14 settembre 1930, quando il partito nazionalsocialista riuscì a guadagnare oltre il 18% dei voti e 107 seggi nel Reichstag, diventando così la seconda forza politica tedesca. I nazisti erano supportati prevalentemente dalla classe media, duramente colpita dall’inflazione degli anni ’20 e dalla disoccupazione, oltre che da contadini e veterani di guerra, influenzati dal mito del sangue e della terra. La Repubblica di Weimar è deludente: centinaia di omicidi politici e una crisi economica senza precedenti, gettano i tedeschi nello sconforto più totale. Possiamo dire che probabilmente non fu Hitler a distruggere la democrazia di Weimar, quanto piuttosto la sua stessa autodistruzione portò il despota al potere. Incisivi furono evidentemente fattori esterni: in primis il trattato di Versailles, pesante soprattutto dal punto di vista psicologico, perché umiliava la Germania e forniva continuo materiale a Hitler per la sua propaganda, e poi la crisi economica che registrò circa sei milioni di disoccupati. Alla fine del 1933, il futuro dittatore risulta essere per molti l’unica speranza in grado di salvare il Paese. Il 30 gennaio 1933 Hitler prestò giuramento come Cancelliere nella camera del Reichstag, applaudito da migliaia di sostenitori del nazismo. In pochi mesi Hitler raggiunse un controllo autoritario senza aver mai violato la costituzione del Reich e riuscì a far approvare dal Parlamento la legge che gli concesse pieni poteri. È il 24 marzo 1933 e tutti i partiti votarono le norme che tramutarono la Germania in una dittatura. Il 14 luglio 1933 il Partito Nazista diventò l’unico ammesso in Germania. Da questo momento in poi la sua ascesa sarà inarrestabile, spietata e volta al conseguimento delle sue folli idee di dominio assoluto e annientamento di tutti coloro che reputava suoi nemici.

Sinteticamente

-1934: nella celebre e sanguinaria “notte dei lunghi coltelli” fa eliminare con un vero massacro oltre un centinaio di camicie brune, divenute scomode e di difficile controllo;

-1935: ottiene il potere assoluto proclamandosi Führer (capo supremo del Terzo Reich), istituisce un apparato militare di controllo e repressione a capo del quale pone le famigerate SS che, insieme alla Gestapo (polizia di Stato con pieni poteri), istituirono il sistema dei campi di concentramento per eliminare gli oppositori;

-1935: emana le “leggi a difesa della razza”, mirate a evitare sia influenze percepite come esterne dal popolo tedesco, principalmente contro gli ebrei, e in parte verso popolazioni non stanziali come Rom, Sinti e Jenisch, sia a possibili contaminazioni interne, cioè anche tra cittadini tedeschi, portatori di malattie ereditarie, criminali abituali, alcolisti, omosessuali, malati mentali e asociali;

-1939: scampa in modo fortuito a un attentato organizzato da Georg Elser, si annette all’Austria e, nonostante avesse stipulato un patto di non aggressione, invade la Polonia prima e la Cecoslovacchia dopo. A quel punto il secondo conflitto mondiale è inevitabile;

-1940: invade la Francia e poi l’Africa del nord. L’avanzata tedesca sembra inarrestabile;

-1941: nonostante i patti stipulati, invade l’URSS e contemporaneamente è impegnato nella difficile e logorante guerra contro l’Inghilterra. Intanto entrano in guerra anche gli USA in difesa dei russi, quindi la Germania si ritrova a essere attaccata su due fronti, a Est dai Sovietici e a Ovest dagli Alleati;

-1943: i tedeschi sono costretti a ritirarsi dalla Russia e perdono anche i territori africani;

-1944: gli Alleati sbarcano in Normandia e liberano la Francia;

-1945: il cerchio di fuoco si chiude intorno a Berlino. Hitler si toglie la vita insieme a sua moglie nel bunker della cancelleria, e i loro cadaveri vengono cosparsi di benzina e bruciati. Saranno rinvenuti dalle truppe sovietiche.

Ancora oggi, persistenti leggende storiche seguono ad accreditare la tesi secondo la quale Adolf Hitler non sarebbe morto suicida, il 30 aprile 1945, insieme alla moglie Eva Braun, ma riuscì a mettersi in salvo, trovando rifugio in qualche sperduta landa del pianeta, in Brasile, in Giappone o sulle Ande argentine. Ma pare che la verità sia un’altra: grazie a una tenace indagine condotta negli archivi ex sovietici, in particolare in quelli del KGB, due documentaristi, il francese Jean-Christophe Brisard e la russa Lana Parshina, hanno trovato le prove scientifiche del fatto che Hitler si uccise davvero nella sua ultima “tana”. Hanno così scritto l’avvincente libro-inchiesta “L’ultimo mistero di Hitler”. Il 4 maggio 1945, i sovietici rinvennero, nel luogo in cui erano già stati scoperti i resti dei Goebbels, i corpi combusti di altre due persone, che vennero identificate come Hitler ed Eva Braun. Pare che i russi notarono che mancasse circa un quarto della calotta cranica del despota nazista. Ma che fine fecero i corpi carbonizzati trovati davanti al bunker? I sovietici li seppellirono segretamente prima in un boschetto di Rathenow, poi, dal febbraio 1946, nella città di Magdeburgo. Nel 1970, un’agenzia controllata dal KGB, inviò in missione alcuni agenti nell’allora Repubblica Democratica Tedesca e, temendo la possibilità che il luogo di sepoltura del dittatore, se reso pubblico, potesse diventare un santuario neo-nazista, il direttore del KGB, Jurij Vladimirovič Andropov, autorizzò un’operazione per distruggere i resti che erano stati sepolti nel 1946 e il 4 aprile 1970 furono segretamente riesumate cinque classe di legno, contenenti i resti di “dieci o undici corpi (…) in avanzato stato di degrado”; i resti furono completamente bruciati e le ceneri gettate nel fiume Biederitz. Pare che l’unico elemento ad essere identificato come appartenente a Hitler, sia stata una mandibola con intervento odontoiatrico.

CURIOSITÀ

Si è detto tanto nel corso del tempo di questo spietato tiranno, folle e diabolico, ma esistono anche alcune curiosità, a tratti bizzarre, che probabilmente non tutti conoscono. Intanto pare che avesse problemi di flatulenza, soffriva di gastrite, ed era un cocainomane quando la cocaina era ancora adottata come medicinale. Sembra fosse stato vegetariano e, per questo motivo, combatté con forza contro la crudeltà sugli animali. Odiava il fumo e non amava gli alcolici. Viveva nel terrore di ingrassare ma, paradossalmente, divorava quotidianamente inquantificabili porzioni di canditi, panna montata e cioccolatini, insieme a pillole dimagranti di vario tipo. Spendeva cifre assurde per i suoi abiti o per la sua collezione di quadri. Soffriva di insonnia e, quando riusciva ad addormentarsi, le sue notti erano popolate da incubi orrendi. Si dice che avesse un solo testicolo, che soffrisse di alitosi, che avesse avuto antenati ebrei, che stravedesse per Greta Garbo e che avesse persino progettato una sexy bambola gonfiabile con fattezze ariane per le sue truppe.

Adolf Hitler è stato un uomo che ha segnato indelebilmente e nel peggiore dei modi il percorso della storia. La sua spietata crudeltà, la sua assurda follia, la sua sete di potere assoluto, hanno spalancato le porte dell’inferno per milioni di persone innocenti, colpevoli di essere “diversi”, perché appartenenti ad etnie reputate inferiori, o colpevoli di professare un’altra fede religiosa o politica, o ancora perché malati, o con inclinazioni sessuali differenti. La paura e il rifiuto del “diverso”, in pochi anni, ha generato oltre cinquanta milioni di morti…

Ricordiamo e riflettiamo, ancora oggi…

Fabiana Manna

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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