STORIA DELLA PASTIERA NAPOLETANA. Tra miti e tradizioni.

Pasqua è ormai alle porte e, come ogni festa che si rispetti, oltre ai riti religiosi, le tavole vengono imbandite quasi sempre da piatti tipici della tradizione. In particolare, a Napoli, oltre alla classica colomba e all’uovo di cioccolato, un dolce che non può assolutamente mancare è proprio la pastiera.
Ma come nasce quella che per i napoletani (e non solo!) è una vera leccornia? Come per tante altre cose, anche la pastiera è circondata da un’aurea leggendaria.
Pare che questo dolce sia un omaggio al popolo napoletano da parte della Sirena Partenope, in segno di gratitudine per averla sempre amata. Già, perché era proprio nel magnifico golfo di Napoli che la Sirena dimorava, nel quale intonava i suoi canti e con la sua voce ammaliante faceva compagnia ai marinai e al popolo che, per ringraziarla, la omaggiarono con sette ricchi doni, privandosi delle cose più preziose che possedevano:
1) la farina, simbolo della ricchezza;
2) la ricotta, che corrisponde all’abbondanza;
3) le uova, che rappresentano fertilità e riproduzione;
4) il grano cotto nel latte, che indica la fusione del mondo animale con quello vegetale;
5) i fiori d’arancio, che rammentano il meraviglioso profumo della Campania;
6) le spezie e i frutti canditi, che testimoniano l’accoglienza a tutti i popoli d’oriente e d’occidente;
7) lo zucchero semolato, che rappresenta il dolce canto della sirena.
Partenope, gradendo i doni, li mescolò e creò questo dolce squisito e unico.

Ma c’è ancora un’altra leggenda. Pare che durante il maltempo, le giovani mogli dei pescatori, per far sì che i loro mariti tornassero a casa sani e salvi, portarono un dono al mare: una cesta piena di ricotta, grano, uova, canditi e fiori d’arancio. Durante la notte le onde mescolarono tutti gli ingredienti dando vita a una pasta dolce, la Pastiera, appunto.

Ma spesso le leggende lasciano intravedere degli sprazzi di verità, come lo sono le offerte votive pagane fatte in concomitanza dell’avvento della primavera, periodo in cui il popolo presentava agli dei gli stessi ingredienti utilizzati per creare questo dolce sublime.

In ogni caso, pare che la prima pastiera sia nata in un convento di San Gregorio Armeno, durante il XVI secolo. Sembra che una suora benedettina fosse solita sfornare un dolce contenente tutti gli ingredienti simbolici del periodo pasquale, per poi donarlo alle famiglie aristocratiche. Le suore avevano un modo molto particolare per preparare il dolce: quelle con i fianchi più prosperosi si sedevano dimenandosi sopra l’impasto che era posto sui sedili di marmo del chiostro, sussurrando preghiere.
La scrittrice e gastronoma Loredana Limone racconta che “quando i servitori andavano a ritirarle per conto dei loro padroni, dalla porta del convento che una monaca odorosa apriva con circospezione, fuoriusciva una scia di profumo che s’insinuava nei vicoli intorno e, spendendosi nei bassi, dava consolazione alla povera gente per la quale quell’aroma paradisiaco era la testimonianza della presenza del Signore.”

Non solo, ancora si narra che questo dolce riuscì a far sorridere Maria Teresa d’Austria, soprannominata “la Regina che non ride mai”. Moglie di Re Ferdinando II di Borbone, sorrise per la prima volta quando assaggiò la pastiera tanto che il Re esclamò: “Ci voleva la pastiera per far sorridere mia moglie, ora dovrò aspettare un’altra Pasqua per vederla sorridere di nuovo.”
A tal proposito c’è una storia in rima baciata

A Napule regnava Ferdinando
Ca passava e’ jurnate zompettiando;
Mentr’ invece a’ mugliera, ‘Onna Teresa,
Steva sempe arraggiata. A’ faccia appesa
O’ musso luongo, nun redeva maje,
Comm’avess passate tanta guaje.
Nù bellu juorno Amelia, a’ cammeriera
Le dicette: “Maestà, chest’è a’ Pastiera.
Piace e’ femmene, all’uommene e e’ creature:
Uova, ricotta, grano, e acqua re ciure,
‘Mpastata insieme o’ zucchero e a’ farina
A può purtà nnanz o’ Rre: e pur’ a Rigina”
Maria Teresa facett a’ faccia brutta:
Mastecanno, riceva: “E’ o’ Paraviso!”
E le scappava pure o’ pizz’ a riso.
Allora o’ Rre dicette: “E che Marina!
Pe fa ridere a tte, ce vò a Pastiera?
Moglie mia, vien’accà, damme n’abbraccio!
Chistu dolce te piace? E mò c’o saccio
Ordinò al cuoco che, a partir d’adesso,
Stà Pastiera la faccia un po’ più spesso.
Nun solo a Pasca, che altrimenti è un danno,
Pe te fà ridere adda passà n’at’ anno!”

Ad ogni modo, leggende o storie vere, napoletani o non, a noi ora non ci resta che godere di quest’ottimo dolce!
E buona pastiera a tutti!!!

Fabiana Manna

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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