Storia del Presepe Napoletano

 

Presepe Napoleno Palazzo Reale, Cappella.
Foto Wikimedia Commons

Ormai è Dicembre, e già da un po’ si respira l’aria natalizia. Per le strade e nei negozi, luci colorate e addobbi richiamano l’attenzione dei passanti e rappresentano i simboli e le tradizioni di una delle festività più importanti che celebra la Natività. Emblematico, in questo senso, è sicuramente il Presepe, divenuto nel Medioevo “praesepium”, dal latino “mangiatoia”.

In particolare, a Napoli, l’allestimento del presepe è una vera e propria arte, rimasta inalterata tutt’ora, la cui meraviglia può essere ammirata nella via dei presepi, San Gregorio Armeno. Si dice che il presepe è Napoli e Napoli è il presepe.

Goethe a tal proposito scriveva: ” Ecco il momento di accennare ad un altro svago che è caratteristico dei napoletani, il Presepe (…) Si costruisce un leggero palchetto a forma di capanna, tutto adorno di alberi e di alberelli sempre verdi; e lì ci si mette la Madonna, il Bambino Gesù e tutti i personaggi, compresi quelli che si librano in aria, sontuosamente vestiti per la festa(…) Ma ciò che conferisce a tutto lo spettacolo una nota di grazia incomparabile è lo sfondo su cui s’incornicia il Vesuvio coi i suoi dintorni. Essendo Napoli una città anche esoterica e fitta di misteri, anche il presepe non è solo ciò che a primo impatto si vede. Un simbolo, un allegoria che va oltre la semplice tradizione popolare che evidenzia il valore teologico, spirituale e iniziatico il cui significato riporta al cammino della realizzazione spirituale dell’uomo, la fine delle tenebre e l’avvento di un nuovo Sole. Una rappresentazione, quindi, di un dualismo e la conseguente coesistenza tra sacro e profano.

Innanzitutto il presepe rappresenta l’ambientazione della Napoli del ‘700, periodo in cui l’arte presepi alle ha visto il massimo splendore grazie anche ai fratelli Bottiglieri, Nicola Somma, Saverio e Nicola Vassallo, Giuseppe Gori e il grandioso Giuseppe Sammartino. Lo “scoglio”, cioè la scenografia in sughero, è costituita da tre alture è una zona pianeggiante; la Natività è collocata al centro, tra le rovine di un tempio romano, la cui colonna spezzata sta ad indicare la caduta del paganesimo e la volontà degli uomini di ergersi al divino. Il paesaggio è montuoso è pieno di sentieri tortuosi, che indicano le difficoltà da affrontare prima di poter raggiungere la luce della rinascita (rappresentata da Gesù bambino). La grotta principale ne ha altre due laterali, quasi a voler anticipare la crocifissione sul Golgota: inizio e fine. Davanti alla grotta di destra, c’è la LOCANDA,simbolo del male, che rappresenta gli ostacoli da superare per poter raggiungere la luce. Davanti alla grotta di sinistra viene posto colui che a Napoli è “O Zi Bacco ‘ncoppa a votta”, che rappresenta Dioniso, intento a trasportare il nettare divino oltre il PONTE, riferimento che indica il passaggio dal mondo dei morti a quello dei vivi. Nei pressi del ponte si trovano personaggi ambigui che cercano di ostacolare il passaggio da una riva all’altra. L’ACQUA che scorre simboleggia la vita mentre il POZZo è un elemento negativo. Il MULINO, con le pale che girano, rappresenta lo scorrere del tempo e il duro lavoro svolto dall’uomo per liberarsi dalle impurità, per trasformare il grezzo in purezza così come il grano diviene farina. Il FORNO è il posto in cui si produce il pane, simbolo cristiano, che da all’uomo nutrimento e sostentamento e può saziare l’intera umanità. Il PESCATORE e il CACCIATORE indicano il nutrimento e la dicotomia spirituale e terrena. La ZINGARA, che per i cristiani è simbolo di eresia e stregoneria, è posta vicino al pozzo ed è un elemento lunare. La LAVANDAIA, in netta antitesi alla zingara, come donna operosa e purificatrice è posta vicino alla fontana. I due compari, ZI VICIENZO e ZI NICOLA, rappresentano il Carnevale e la Morte. Il MONACO indica l’unione tra il sacro e il profano. Due gli zampognari: il PIFFERO, giovane e allegro, è vestito di verde; la ZAMPOGNA, più anziano, veste gli abiti scuri della modestia e cerca di frenare l’impeto del primo. Gli AMBULANTI rispecchiano gli usi, i costumi e i mestieri di Napoli e i mesi dell’anno: Gennaio: Macellaio o Salumiere; Febbraio: Ricotta o Formaggio; Marzo: Pollivendolo; Aprile: Venditore di uova; Maggio: Sposi che portano la cesta di ciliegie e frutta; Giugno: Panettiere o Fornaio; Luglio: Venditore di Pomodori; Agosto: Venditore di angurie; Settemre: Venditore di fichi o Seminatore; Ottobre: Vinaio o Cacciatore; Novembre: Venditore di castagne; Dicembre: Pescivendolo o Pescatore. Tutto ciò rappresenta la vita dei napoletani, con le loro passioni e abitudini, in un periodo di pace e serenità. Un posto di rilievo spetta a “Benit ‘ncopp’a grotta”, per tutti Benino, il pastorello dormiente. Posizionato in alto sul presepe, come affermato nelle Scritture “gli angeli diedero l’annuncio ai pastorello dormienti”, Benino dorme e sogna l’inizio di una vita nuova. Il suo risveglio equivale infatti alla rinascita, ma evidenzia

Anche il passaggio della fanciullezza all’età adulta. Gli ANGELI, solitamente tre, rappresentano la Gloria: l’angelo centrale con la scritta “Gloria in excelsis Deo” ha una veste giallo dorata, alla sua destra c’è quello vestito in bianco e rappresenta la Gloria del Figlio con l’incensiere in mano, e l’altro, vestito di rosso che suona la tromba rappresenta la Gloria dello Spirito Santo. Nella grotta il dualismo degli opposti è lampante: Giuseppe, vestito con abiti bronzei richiama la terra, mentre Maria, vestita d’azzardo, il cielo. Il BUE e l’ASINELLO indicano mansuetudine e testardaggine, popolo eletto e profano. La COMETA, con le cinque punte, indica l’Uomo rinato e realizzato. Il completamento si ha con l’arrivo dei MAGI, che dall’Oriente, luogo di luce, vengono per lodare la nuova Luce. Simboleggiano il Sole nei tre momenti della giornata, mattina, pomeriggio e sera, e portano il cappello Frigio degli alchimisti. Spesso sono accompagnati da un quarto Magio, tutto vestito di nero, la Regina di Saba, la Luna Nera. I doni sono anch’essi simbolici: l’ORO è la Regalità; l’INCENSO è la Divinità; la MIRRA è la Redenzione e la Purificazione. Si fanno arrivare il 6 gennaio, data dell’Epifania, cioè della Rivelazione. Il presepe incarna la metafora dell’uomo in viaggio attraverso difficoltà e pene per purificarsi, rinascere e poter passare dall’oscurità alla luce.

Fabiana Manna

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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