POVEGLIA. STORIA E LEGGENDA DELL’ISOLA DEI FANTASMI

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L’Italia è una nazione sicuramente ricca di storia, cultura e civiltà. Caratteristiche, queste, che si intersecano inevitabilmente a miti e a leggende secolari, affascinanti e inquietanti allo stesso tempo

Tra questi luoghi, spicca senza ombra di dubbio, l’isola di Poveglia, conosciuta anche come “l’isola del male”, sita a sud della costa di Venezia, lungo il canal Orfano, in quel tratto di laguna tra la Serenissima e porto di Malamocco, con una superficie di 7,25 ettari. Oggi disabitata, non aperta al turismo e abbandonata al suo stato di degrado, ha però vissuto in passato giorni di gloria.

Anticamente denominata “Popilia”, forse per la sua vegetazione di pioppi o perché vicina a via Popilia-Annia, nelle antiche mappe del cinquecento l’isola è citata anche come “Poveggia”. Dopo l’invasione longobarda del VI secolo, questo lembo di terra ospitò le popolazioni in fuga verso le coste. Tra l’809 e l’810, grazie alla resistenza di Metamauco, l’antica capitale del ducato di Venezia, assediata dai franchi, gli abitanti di Popilia ottennero un certo numero di privilegi, tra cui l’esenzione delle tasse, dal servizio militare e dal remare nelle galee. Dopo l’assassinio del tredicesimo doge di Venezia, Pietro Tardonico, l’isola accolse le famiglie dei 200 servi a lui più fedeli per concessione del doge Orso I Partecipazio. Poveglia era un centro florido sia dal punto di vista economico, sia da quello demografico e il suo sviluppo crebbe fino alla guerra di Chioggia, scoppiata nel 1379 tra le repubbliche marinare di Genova e Venezia. A quel punto gli abitanti furono costretti a trasferirsi nel capoluogo veneto. Nonostante la costruzione di una fortificazione (ottagono di Poveglia), l’ammiraglio genovese Pietro Doria riuscì comunque ad occupare l’isola. Al temine del conflitto, Poveglia era letteralmente devastata e ormai i suoi abitanti, inizialmente diverse centinaia, erano ridotti a poche decine. Nel 1700, all’epoca della “morte nera”, Poveglia assolse la funzione di lazzaretto, che durò fino al 1814. A causa della peste che colpì l’Europa e Venezia, fu disposto che i corpi fossero condotti sull’isola per poi essere bruciati e sepolti in fosse comuni. Non solo. Successivamente il provvedimento si estese anche ai contagiati e presunti tali, costretti a vivere in quarantena, lontani da Venezia. Uomini, donne e bambini morirono lentamente, di fame, consumati dalla malattia, tra roghi infernali. Pare che la stima delle persone qui trasferite ammonti a circa 160 mila. Una targa di marmo, ritrovata nella costa ovest, riporta la seguente dicitura: “ne fodias vita functi contagio requescunt MDCCXCIII” cioè “non scavate (disturbate) i morti per contagio in vita, riposano 1793”. Non esistono dati sul numero di morti che Poveglia custodisce, ma la sua fama di isola “maledetta” ha dato vita a un’eco sinistra: pare che circa il 50% del suo terreno conterrebbe ceneri e scheletri umani. Mano a mano le epidemie tramontarono e l’isola, per tutto l’Ottocento e fino al secondo dopoguerra, mantenne la funzione di stazione per la quarantena marittima. Ad aumentare la fama di isola “maledetta” c’è il sospetto, non confermato, che la struttura adibita ad ospitare anziani convalescenti, costruita nel 1922, fosse in realtà utilizzata come manicomio. Attiva fino al 1946, ospitò centinaia di persone malate di mente, trattandole come vere e proprie cavie da laboratorio. Sulle pareti marcite si può ancora oggi leggere “reparto psichiatria”.

Da qui le leggende, gli avvistamenti misteriosi e gli accadimenti spaventosi. Pare che i pazienti della struttura venissero tormentati continuamente dalle anime dei morti di peste e che, pertanto, ci furono moltissime richieste di trasferimento ovviamente non considerate e non accolte perché postulate da “malati di mente”. Non solo, queste richieste servirono anzi a giustificare atteggiamenti perversi del direttore, che a noi giunge come un “sadico lobotomizzatore”. Nell’ospedale di Poveglia i mezzi per curare questi malati sembra fossero atroci e primitivi. La prima lobotomia di cui si ha notizia venne effettuata in Svizzera nel 1890 dal dottor Sarles, che forò il cervello di sei pazienti ed estrasse parti del lobo frontale ed è probabile che anche a Poveglia ci siano stati pazienti che abbiano subìto il medesimo trattamento. La folle condotta del direttore ebbe fine con la sua testa spappolata nel piazzale antistante la torre campanaria dell’edificio, da cui si dice sia stato spinto giù dalle anime degli uomini e delle donne da lui torturati nel corso degli anni. Addirittura pare che un’infermiera avesse assistito alla scena e avesse poi raccontato che il direttore non morì con l’impatto al suolo, ma soffocato da una strana nebbiolina che si era propagata dal terreno fin dentro il suo corpo, lasciandolo esanime. In ogni caso, sia del manicomio che del fanatico direttore non è trapelato molto. Fatto sta che negli archivi questa struttura viene sempre indicata come casa di riposo per anziani, come se la sua vera natura di manicomio debba necessariamente essere mantenuta segreta. Comunque sia, l’istituto psichiatrico o casa per anziani che fosse, venne ufficialmente chiuso nel 1968 e da quel giorno l’isola è rimasta abbandonata. I racconti dei pochi visitatori che si sono cimentati ad andare in questo misterioso luogo però, riportano strani avvistamenti, lamenti e voci raggelanti. Addirittura in tempi più recenti, all’incirca negli anni sessanta, una coppia acquistò uno degli edifici dell’isola ma, dopo poche settimane, fu costretta a scappare con la loro figlioletta, sfregiata in volto da uno strano oggetto. E ancora nell’estate del 2016, cinque giovani turisti del Colorado furono tratti in salvo dai Vigili del Fuoco, dopo aver gridato a squarciagola attirando l’attenzione di una barca di passaggio. Forse per suggestione, ansia o visioni reali, fatto sta che rientrarono spaventati e terrorizzati.

In ogni caso Poveglia è e resta un’isola deserta e abbandonata, popolata solo da fantasmi, i cui nomi possono essere semplicemente incuria e desolazione.

Fabiana Manna

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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