Oriana Fallaci: Il mestiere di Scrittore dalla vita alla morte

 

“Cos’è la vita? La vita è una condanna a morte. E proprio perché siamo condannati a morte bisogna attraversarla bene, riempirla senza sprecare un passo, senza addormentarci un secondo, senza temere di sbagliare, di romperci, noi che siamo uomini, né angeli né bestie, ma uomini”.

Il percorso personale, letterario e politico della scrittrice italiana più discussa dell’età contemporanea.

Nessuna scrittrice italiana è stata tanto amata e discussa allo stesso tempo quanto Oriana Fallaci, icona del giornalismo d’autore: la sua nascita a Firenze nel 1929 fu già il presagio di un destino che l’avrebbe portata a vivere la scrittura come missione assoluta della sua esistenza.

Giovanissima iniziò la sua carriera occupandosi, secondo la mentalità del tempo che circoscriveva gli ambiti nei quali le donne potevano esercitare la professione di giornalisti,  di argomenti frivoli come il mondo di Hollywood e in particolare la vita della “diva delle dive”, Marylin Monroe

Sebbene il tenore dovesse essere inizialmente leggero, i suoi reportage assunsero subito un tono fortemente critico, rappresentando il mondo patinato del cinema americano per quello che realmente era:  una pericolosa arena nella quale dominavano i più energici, i più aggressivi ma anche i più fortunati e quelli che avevano una maggiore sete di affermarsi e di arricchirsi. E non a caso, da quell’ esordio giornalistico, nasce la sua prima opera “ I sette peccati di Hollywood”.

La sua esperienza americana la influenzò in maniera profonda e la passione che ne derivò per gli States fece sì che il suo primo romanzo, “Penelope alla guerra”, fu ambientato proprio a New York: la storia di una giovane sceneggiatrice che si reca a New York per trovare ispirazione per un nuovo film e lì ritrova un uomo conosciuto in Italia durante la guerra, Richard.

Attraverso le vicende dei personaggi, la Fallaci ci introduce nella vera realtà americana, un paese non paese caratterizzato da una grandezza che non è grandeur: in tale contesto la narrazione affronta essenzialmente le difficoltà degli essere umani nel fare i conti con la verità e con i sogni che si infrangono con gli accadimenti concreti.

“Avresti preferito essere imbrogliato?” “Sì, lo avrei preferito. La vita è già dura senza chiarezza: figuriamoci poi con la chiarezza” (“Penelope alla guerra”)

Il suo sentire come valore primario il rispetto e la dignità del sesso femminile, embrionale nel suo romanzo di esordio, diventa più forte nel successivo “Il sesso inutile”, anch’esso nato da un’inchiesta fatta per l’Europeo, la rivista per cui lavorava. Un viaggio a 360 gradi nella condizione della donna, che inizia in Pakistan e termina a New York, con una domanda di fondo: “In quale paese del mondo le donne sono più felici?”.

L’occhio interlocutorio della Fallaci si sposta poi su un altro aspetto molto particolare degli anni sessanta: le missioni aereospaziali.

Il suo romanzo, “Se il Sole muore”, descrive infatti la conquista della Luna e il mondo della Nasa, delineato attraverso originali interviste agli astronauti: ma, in realtà, in un immaginario dialogo con il padre, la Fallaci passa a esaminare  il divario fra la generazione precedente, ancorata al concetto di inutilità delle scoperte e dell’evoluzione tecnologica nel senso più ampio e quello dei giovani che sognano, proprio seguendo avventure dal carattere quasi fantascientifico, come lo sbarco sulla luna e le vicende degli astronauti, un’America ancora più irraggiungibile, affascinante ma soprattutto potente.

Nel 1969 venne pubblicato “Niente e così sia”, con il quale la giornalista manifestò ai lettori la sua passione per il giornalismo di guerra, scrivendo un diario della sua esperienza al fronte a Saigon. Attraverso la voce dei soldati intervistati e la narrazione delle vicende di quella che viene definita “una guerra inutile”, la Fallaci testimoniò la drammaticità della situazione di una nazione oppressa da un governo non voluto dal popolo ma solo dagli americani, causa principale dell’infelicità dei sudvietnamiti.

“Io sono qui per provare qualcosa in cui credo: che la guerra è inutile e sciocca, la più bestiale prova di idiozia della razza terrestre.” (“Niente e così sia”)

Il peso immenso del potere ritorna come tema di interesse in “Intervista con la storia”, raccolta di interviste con i potenti della terra.

“Non riesco ad escludere che la nostra esistenza sia decisa da pochi, dai bei sogni o dai capricci di pochi, dall’iniziativa o dall’arbitrio di pochi”, scrive infatti la Fallaci, che nel libro intervista personaggi che hanno cambiato gli eventi della seconda metà del Novecento, come Henry Kissinger e Indira Gandhi

L’autodeterminazione di ogni essere umano è il tema principale del suo lavoro successivo: “Lettera a un bambino mai nato”.

Ispirato non dichiaratamente da un evento autobiografico, questo romanzo può essere definito forse la più bella fra le opere della Fallaci: la storia di una donna che aspetta un figlio non desiderato e che deve decidere se farlo nascere o abortire.

La vicenda narrata funge da cassa di risonanza della condizione femminile degli anni settanta, nei quali la libertà di scelta sulla condizione di madre era ancora fortemente soffocata e la protagonista del romanzo ne reclama il diritto, soffermandosi soprattutto sulla precarietà e sull’ostilità che caratterizzano il mondo nel quale i bambini vengono alla luce.

“Mi son sempre posta l’atroce domanda: e se nascere non ti piacesse? E se un giorno tu me lo rimproverassi gridando “Chi ti ha chiesto di mettermi al mondo, perché mi ci hai messo, perché?”. La vita è una tale fatica, bambino. E’ una guerra che si ripete ogni giorno”. (“Lettera a un bambino mai nato”)

Nel 1973 la Fallaci conobbe Alexandros Panagulis, leader dell’opposizione al regime dei Colonnelli in Grecia.

I suoi occhi, concentrati sulla politica, la portarono infatti in Grecia, a intervistare il ribelle Panagulis, appena uscito dal carcere, dopo ben cinque anni di torture.

Da quell’incontro nacque la più importante storia d’amore della vita della scrittrice fiorentina, vissuta con struggente autenticità e pudore.

E ispirò un romanzo dalla forza dirompente che rappresenta uno dei più potenti inni alla libertà. Anche se la libertà è di per sé molto faticosa da gestire perché implica il rispetto delle regole morali e civili e anche se, per raggiungerla e per goderne, bisogna combattere fino alla morte.

“Agli uomini non interessa né la verità, né la libertà, né la giustizia. Sono cose scomode e gli uomini si trovano comodi nella bugia e nella schiavitù, e nell’ingiustizia” (“Un Uomo”).

Nel 1990 viene pubblicato “Insciallah”,  che trae ispirazione dalle crisi nei paesi arabi.

La storia, ambientata a Beirut, narra le vicende personali e militari dei personaggi, probabilmente ispirati a persone reali con le quali la Fallaci era venuta a contatto e con la presenza di un suo eloquente alter ego, la “giornalista di Saigon”.

Un incalzante susseguirsi di eventi drammatici, dipinti a fosche tinte dalla scrittrice, ci danno, senza veli, la percezione di quanto la guerra sia uno stupido gioco nelle mani di esseri umani scellerati.

“La guerra è figlia della violenza che a sua volta è figlia della forza fisica, e il trinomio non partorisce che scelleratezze.”(“Insciallah”)

Negli anni successivi la scrittrice toscana iniziò a maturare una visione personale delle vicende politiche mondiali che si discostava sempre di più da quella degli anni di  “Niente e così sia”  e di “Intervista con la storia” finché il 29 settembre 2001, pochi giorni dopo l’attacco alle Torri gemelle, viene pubblicato sul Corriere della Sera un articolo dai toni fortissimi, con i quali la Fallaci afferma, senza mezzi termini, che ciò che è accaduto dipende dallo stato di decadenza  del mondo occidentale e della Chiesa cattolica.

Questo articolo diventerà l’opera “La rabbia e l’orgoglio” il primo della controversa trilogia che traccia la sua svolta ideologica.

“La rabbia e l’orgoglio” fu infatti un caso mondiale, stimolando il dibattito sul terrorismo islamico e sul comportamento dei nostri politici che, invece di concentrarsi sulle scottanti problematiche che quel nuovo fenomeno sottendeva, continuavano a litigare fra loro e a coltivare i loro piccoli orticelli di privilegi.

Io sono assolutamente convinta che, se Usama Bin Laden facesse saltare in aria la Torre di Giotto o la Torre di Pisa, l’opposizione darebbe la colpa al governo. E il governo darebbe la colpa all’opposizione. I capoccia del governo e i capoccia dell’opposizione, ai propri compagni e ai propri camerati” scriveva la Fallaci nel suo articolo sul Corriere della Sera. Nel lontano 2001.

L’opera fu seguita da “La Forza della Ragione” nel quale la scrittrice, ormai dichiaratamente filoamericana, approfondì in chiave filosofica, morale e politica il complicato rapporto fra l’Occidente e l’Islam.

Infine, nel 2004,viene pubblicato il testamento spirituale della scrittrice fiorentina: “Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci”, un libello nel quale la scrittrice declina con fervore, ancora una volta, le sue idee politiche e morali ma soprattutto, seppur ormai fisicamente stremata dal cancro, ci incanta con la sua emozionante penna, parlandoci della morte e del suo rapporto con essa.

“Il fatto è che pur conoscendola bene, la Morte io non la capisco. Capisco soltanto che fa parte della Vita e che, senza lo spreco che chiamo Morte non ci sarebbe la Vita” (“Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci”).

Nel 2007, il 15 settembre, Oriana Fallaci moriva a Firenze, sconfitta dall’alieno, come lei chiamava il cancro. Lasciandoci orfani della sua straordinaria e battagliera penna!

Rita Scarpelli

 

Pubblicato da Rita Scarpelli

Sono Rita Scarpelli e vivo a Napoli, una città complessa ma, allo stesso tempo, quasi surreale con i suoi mille volti e le sue molteplici sfaccettature. Anche forse grazie a questa magia, da quando ero bambina ho amato la lettura e la scrittura . Nonostante gli studi in Economia e Commercio mi abbiano condotta verso altri saperi e altre esperienze professionali, il mio mondo interiore è sempre stato popolato dai personaggi e dalle storie dei libri che leggevo e ancora oggi credo fortemente che leggere sia un’esperienza meravigliosa. Parafrasando Umberto Eco, “Chi non legge avrà vissuto una sola vita, la propria, mentre chi legge avrà vissuto 5000 anni…perché la lettura è un’immortalità all’indietro”. Lo scorso anno ho vissuto l’esperienza incredibile di pubblicare il mio romanzo di esordio “ E’ PASSATO”, nato dalla sinergia dell’ amore per la scrittura con la mia seconda grande passione che è la psicologia. E poiché non c’è niente di più bello di condividere quello che ama con gli altri, eccomi qui insieme a voi!

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