Neanche gli illuministi emettono più fattura di Michele Antonelli

Neanche gli illuministi emettono più fattura

Nacque per caso l’idea di mettere insieme una raccolta di situazioni in cui il non-sense si fondesse col gioco di parole, portando al rovesciamento di una realtà nella quale sia il mondo ad adattarsi al linguaggio e non viceversa.
Ad ognuno degli undici racconti corrisponde una differente situazione, che rappresenta il vero unico punto fermo attraverso il quale al lettore è consentito un appiglio narrativo: un appartamento, una telecronaca, un bar, un sottomarino…, dove anche il fattore tempo appare come elemento del tutto ininfluente, e nel quale si muovono uno o più protagonisti, i quali si trovano a fare i conti con una realtà in continuo divenire, farcita di personaggi dalla natura più imprevedibile e mutevole: oggetti, persone, concetti astratti.
Il linguaggio è un uso ricreativo della parola, dove la grammatica, non più una rigida gabbia, divenga un sistema di regole del quale farsi beffe, aprendo un enorme spazio da gioco. La formula è dunque quella di giocare con la metrica, la punteggiatura e la morfologia delle parole, mettendo a frutto la lezione Patafisica nel prendere in giro tutto ciò che è empirico e demolire sistematicamente chi si prende troppo sul serio.

Introduzione

Un romanzo dove l’autore considera la grammatica italiana priva di regole e si fa beffa del sistema al solo scopo di aprire un enorme campo da gioco dove divertirsi in totale libertà con le parole. L’obbiettivo è dunque quella di giocare con la metrica, la punteggiatura e la morfologia stessa delle parole, prendendo in giro tutto ciò che sia empiricamente riconosciuto e liturgicamente celebrato, demolire sistematicamente chi si prende così sul serio da rendere il mondo insopportabilmente noioso.

Aneddoti personali

Michele Antonelli è un autore che oltre a scrivere i testi dei propri libri ama occuparsi anche delle illustrazioni che li accompagnano. In Neanche gli illuministi emettono più fattura, infatti, il contenuto scritto e quello disegnato vanno di pari passo per un’esperienza di lettura più ricca e appagante.

Recensione

Il romanzo Michele Antonelli, è una raccolta di racconti con episodi e protagonisti privi di scopo o significato e ciò per dare adito all’estro e alla creatività.
Infatti, l’Autore dipinge una realtà deformata, dove i protagonisti dei racconti si muovono spinti da una necessità caricaturale e Il risultato è una sorprendente alternanza tra gioco letterario e riflessione.
Le fonti di ispirazione sono molteplici: la scena di un film, una battuta, il ritornello di una canzone, un proverbio, uno spot pubblicitario, i libri ecc.
Grazie a questo stile originale, ricco e sincopato, la lettura di ogni racconto diventa entusiasmante e unico nel suo genere tanto da generare stupore al lettore.
Un elemento comune a tutti i racconti è un costante senso di urgenza, di necessità impellente perché essendo esseri umani, diversi dagli animali, grazie alla necessità ogni conquista, sia tecnologica che sociale, è figlia della necessità.
Tratto caratteristico dell’opera è il gusto per i giochi di parole, le ambiguità semantiche, la polisemia, che nasce dalla voglia di farsi beffa della realtà.
Certe volte cambiando una lettera, o mutando l’accento, si stravolge una lettura o si crea qualcosa di buffo. Proprio questa tendenza produce nel lettore un senso di stupore, quando si ritrova a chiedersi se il senso attribuito alla storia sia corretto o meno.
In sostanza all’autore piace giocare con il lettore e in questi undici racconti, si esplora la lingua e le sue sottigliezze in uno stile divertente, pazzo, insolito e incredibilmente seducente.

Conclusioni

Assolutamente consigliato se volete viaggiare nella terra delle parole e nella malizia del ritmo.
E ricordate: un amico contrariato è “ocima”

Voto

5/5

Citazioni

Quando una mattina mi trovai di fronte ad una tastiera, quasi inconsapevolmente le dita cominciarono a correre su di essa. Mentre scrivevo non riuscivo a smettere di ridere, e mi trovai ben presto di fronte ad un racconto di qualche pagina che non aveva né capo né coda. Nacque così quasi per caso, l’idea di mettere insieme una raccolta di situazioni irreali in cui la comicità non-sense si fondesse col gioco di parole, spesso portato alle estreme conseguenze di rovesciamento d’una realtà in cui sia il mondo a doversi adattare al linguaggio e non viceversa.

Filippo il bello si faceva bello per il ballo e non s’accorse di Nulla che intanto lo guardava con occhi vacui dallo spicchio di uno specchio appeso a caso col peso dipeso dal vaso di raso.

Recensione di Grace Di Mauro

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