L’uomo dallo sguardo ottenebrato dal nuovo che non verrà di Ottaviano Naldi

L’uomo dallo sguardo ottenebrato dal nuovo che non verrà

Ottaviano Naldi
L’io narrante con una struttura a cattedrale dipana i momenti salienti dei suoi primi 40 anni. Lirico e moderno, di certo non è stato uno stinco di santo. Immaginifico e surreale nelle descrizioni con la progressiva metamorfosi in mezzo lupo, che metaforicamente cerca la via d’uscita dal labirinto. Reale nelle emozioni l’uomo nuovo ricerca la libertà, ma tutto è ciclico e gli rimarrà il suo sguardo ottenebrato, in un continuo refrain.

Introduzione

Sono avvezzo a letture criptiche e complesse, letture che lasciano poco spazio alla interpretazione personale, scrivo pseudopoesie irritanti e caustiche, quindi non dovrebbe infastidirmi codesta opera, invero…

Aneddoti personali

Potrei esprimere il mio sentore, quasi uno sdegno rivolto ad un autore a me sconosciuto, ma appunto non conoscendolo, mi limito a valutare il suo operato. Appare un tuffo in un passato fuori tempo ed anacronistico. La forma vergante non è nel giusto approccio e neppure lo spezzare delle frasi.

Recensione

Un romanzo dispnoico, pare una biografia onirica e psicadelica, con l’utilizzo di una lirica imbellettante. Pare ostentare una vita borderline, una vita fatta di abusi e di indifferenza, fatta di irrispettoso disprezzo per la donna con una sfacciata propensione alla sessualità grezza, un romanzo che ritengo di uno stile povero di parole carente di poesia. La irregolarità ammessa pure dall’autore, la si soppesa tutta, pare affondare nei fumi alcolici e tossici dello stile Bukowski ma essenzialmente stilizzato. Decisamente meno gelida e impersonale la seconda parte del romanzo, alcuni toni si sono presentati quasi caldi e umani. Forse lo scopo del romanzo era di dare ad un uomo il modo di vivere e comunicarci il suo io e dimostrare a sé stesso non so cosa. Un romanzo asciutto troppo esplicito in contraddizione con la ricerca della cripticità che lascia lo spezzato delle frasi. Il titolo ripetutamente cadenzante, appesantisce il volume, quasi ciclicamente ogni due pagine non lo si può non notare. La similitudine con altri mille romanzi la fa da padrona, il lupo che da sempre rappresenta la libertà e la fierezza, in questo caso è piattezza estrema, risalta solo la estrema volgare rappresentazione sessuale di un preponderante uomo, il lupo qua non ha una connotazione. Le visioni interiori di cui si dovrebbe godere, vengono soffocate da tanta scadenza, il tutto viene sminuito da una interpersonale ricerca della apparenza.

Conclusioni

L’autore scrittore già a 14 anni, attualmente 50enne, ha realmente frequentato il Dams di Bologna, nasce e vive a Codigoro Ferrara, ristretto e soffocato tra vongole nebbie e spiagge affollate. Amante della beat Generation, spirito artistico, affascinato da poeti e anime maledette, da scrittori fuori di testa. Viaggiatore alla ricerca dell’intimo stato umano, di usi e costumi. Questo ci può dare una altra lettura al suo romanzo, ma ci porta anche a pensare e a definire che può realmente trattarsi di una autobiografia malamente espressa.

Recensione di Daniele Cavani

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