JACK LO SQUARTATORE E L’ORRORE NELLA LONDRA VITTORIANA.

(Original Caption) Jack the Ripper in one of his notorious slashing attacks. From the Police Gazette, undated. BPA 2, #912.

Londra,1888. Un clima surreale avvolge il degradato quartiere di Whitechapel e le zone immediatamente circostanti, soprattutto in un periodo specifico di quell’anno che tinse la città rosso sangue, dal 31 agosto al 9 novembre. Qualcuno si aggirava per strada, di notte, e massacrava brutalmente ignare vittime. Ma chi era? E perché si accaniva su quei corpi rendendo i ritrovamenti macabri e orripilanti? Di fatto non si è mai saputo. Fu battezzato “Jack the Ripper”, Jack lo Squartatore, descritto dai testimoni come un normale “uomo di bassa statura, con un cappotto scuro e con una valigia nera nella mano sinistra.” In ogni caso non un uomo qualsiasi. Il nome è tratto dalla firma in calce del serial killer in una lettera pubblicata al tempo delle uccisioni è indirizzata alla “Central News Agency” da un soggetto anonimo che si dichiarava essere l’assassino. Non poteva essere un balordo né un comune squilibrato. Sarebbero probabilmente riusciti a catturarlo. Doveva trattarsi di una persona dotata di macabra genialità, un medico folle, un artista deviato o perfino il nipote della regina e possibile erede al trono di Inghilterra. A lui sono attribuite con certezza cinque vittime, ma si sospetta possano essere anche quindici.

Prima vittima

Verso le 3.40 del 31 agosto, in Buck’s Row, una strada popolare del quartiere popolare di Whitechapel, due carrettieri intravidero un cadavere di donna. In particolare, uno dei due notò un leggero movimento del suo petto, come se stesse respirando. Ma essendo in ritardo al lavoro, decisero di allontanarsi frettolosamente. Fu l’agente di polizia John Neil che, durante il consueto giro di ronda, si fermò accanto al corpo e si accorse della profonda ferita alla gola. Trasportata all’obitorio, fu esaminata e il riscontro fu agghiacciante: la vittima presentava la gola recisa quasi fino alla decapitazione, perché il taglio aveva intaccato le vertebre del collo, il suo ventre era stato squarciato ed eviscerato e gli organi genitali presentavano gravissime lesioni da taglio, probabilmente inferte di punta. Solo dopo diverse ore si scoprì l’identità della povera malcapitata: si trattava di Mary Ann Nichols, nota anche come Polly, 42 anni, prostituta.

Seconda vittima

L’8 settembre fu ritrovato un altro cadavere di donna, ammazzata con lo stesso modus operandi. La gola era squarciata e la testa era quasi del tutto recisa dal busto, il ventre era aperto. Gli intestini erano appoggiati sulla spalla destra, mentre la vagina, l’utero e due terzi della vescica erano stati asportati. Ai piedi della vittima furono ritrovate alcune monete e un pezzo di una lettera insanguinata datata 20 agosto. Un inquilino della casa vicina, dichiarò di aver sentito un grido di donna “No!”, ma non ebbe il coraggio di guardare. Per questo omicidio fu arrestato John Pizer, un ebreo soprannominato “Leather Apron” (grembiule di pelle), perché aveva una bottega adibita alla lavorazione delle pelli e perché un grembiule simile fu ritrovato nei pressi del luogo del delitto. Fu scagionato il giorno dopo, perché pare che il grembiule appartenesse ad un vicino che lo aveva steso ad asciugare. Fu quindi resa nota l’identità della donna: Annie Chapman, circa 47 anni, divenuta alcolista dopo la morte di una figlia e la nascita di un figlio disabile e l’inevitabile disfacimento della sua famiglia, prostituta anche lei. E mentre gli investigatori continuavano a brancolare nel buio, l’assassino colpiva ancora.

Terza vittima

Il 30 settembre un’altra donna cade vittima della ignota mano. Elizabeth Stride, 44 anni, prostituta. Fu ritrovata cadavere da un cocchiere intorno all’una di notte all’interno di un portone lungo la Berner Street. Aveva solo un profondo taglio alla gola, il che lasciò presupporre alla polizia che proprio l’arrivo del vetturino avesse potuto disturbare l’assassino, che dovette allontanarsi senza poter concludere il suo macabro rituale.

Quarta vittima

E forse proprio perché non aveva soddisfatto la sua insaziabile sete di sangue, la stessa notte si accanì con violenza brutale contro Catherine Eddowes, 46 anni, anch’ella prostituta. Il suo corpo fu ritrovato in un lago di sangue in Mitre Square. In posizione supina, il volto era completamente sfigurato e irriconoscibile se non per il colore degli occhi. Naso e lobo dell’orecchio sinistro erano stati asportati, così come la palpebra dell’occhio destro. Sulla parte del destra del viso c’era un taglio a “V”, e i numerosi tagli sulle labbra erano talmente profondi da mostrare le gengive. Il corpo era sventrato da un unico ed enorme taglio verticale che dall’inguine arrivava fino alla gola. Lo stomaco e gli intestini erano stati estratti e appoggiati sulla spalla destra, il fegato sembrava tagliuzzato, il rene sinistro e gli organi genitali erano stati portati via. Anche in questo caso la vittima era stata sgozzata quasi fino alla decapitazione.

Quinta vittima

9 novembre, ore 10.45. Mary Jane Kelly, 25 anni, bellissima e meretrice, fu ritrovata nel letto dell’abitazione dove viveva, al numero 13 di Miller’s Court, nei pressi di Spitalfields Market. Tra tutti, questo risulta essere l’omicidio più brutale e orribile. La sua gola era squarciata, il volto irrimediabilmente mutilato e irriconoscibile, il petto e l’addome aperti, molti organi interni erano stati asportati, il fegato giaceva tra le gambe e l’intestino arrotolato presso le mani, i muscoli che ricoprivano gli arti erano stati rimossi, il cuore non fu trovato, anche se qualcuno ritiene che fosse sul cuscino, disposto come un raccapricciante trofeo. I vicini dichiararono di aver udito una donna singhiozzare “Murderer!” (Assassino!) intorno alle 4 del mattino e a quell’ora fu fatta risalire la sua morte.

Poi il nulla. Che fine aveva fatto l’assassino è perché aveva smesso di uccidere? E poi, aveva realmente e definitivamente smesso, o ha continuato, magari operando in modo diverso, tanto da confondere gli inquirenti che non hanno saputo collegare altre vittime a quelle che sono state attribuite allo squartatore londinese? A questo punto le ipotesi diventano innumerevoli. Intanto, considerando veritiero e attendibile il profilo stilato dall’FBI, un killer pervertito agisce per soddisfare un bisogno irrefrenabile di dar sfogo a un profondo desiderio, spesso riconducibile al sesso, al potere e al denaro; quindi sarà difficile che smetta, perché da quella azione riesce a provare un piacere tale che lo spingerà a continuare in modo imperituro. In particolare, i moderni “profiler” dell’FBI lo hanno inquadrato così: “(…) individuo maschio bianco, di età compresa tra i 28 e i 36 anni, con un’infanzia caratterizzata da una figura paterna assente o passiva. L’omicida probabilmente viveva o lavorava nell’area di Whitechapel ed esercitava una professione in cui poteva legalmente soddisfare le sue tendenze distruttive ma comunque di modesta estrazione sociale, probabilmente era l’assistente di un medico o forse esercitava un lavoro umile come il macellaio o l’artigiano. L’omicida molto probabilmente aveva un qualche difetto fisico o forse era afflitto da qualche grave malattia, entrambi condizioni che potrebbero aver causato in lui una grande frustrazione o rabbia.”

Nella fattispecie, quali potrebbero essere le motivazioni che hanno arrestato Jack lo Squartatore? Potrebbe essere morto a sua volta, per cause naturali o violente; (in teoria si dovrà propendere per la seconda opzione, se si considera attendibile il suo profilo); altro motivo potrebbe riscontrarsi con una patologia fortemente invalidante, tipo infarto, ictus o anche un grave incidente che lasci una grave menomazione; o ancora potrebbe essere stato arrestato per un altro tipo di reato; potrebbe aver cambiato la zona d’azione, rendendo quindi più complicata la possibilità di associare gli omicidi alla stessa mano; oppure, ipotesi meno probabile ma comunque esistente, la decisione di smettere volontariamente, maturata magari da una motivazione più forte dello stesso impulso omicida.

Molte sono state anche le teorie sulla identità dell’assassino: agli inizi degli anni novanta del XX secolo, fu ritrovato e pubblicato un diario appartenuto presumibilmente a Jack lo Squartatore. Inizialmente ritenuto falso, fu ritrovato dal documentarista della BBC Paul H. Feldman. Nel suo libro “The Final Chapter” (1998), resoconto dell’indagine triennale condotta sul diario da un gruppo di studiosi, Feldman indica Jack lo Squartatore con James Maybrick, un commerciante di cotone di Liverpool, che figurava tra gli indiziati, poi ucciso dalla moglie. Ancora, nel 2014, grazie alla comparazione del DNA ricavato dal sangue rappreso su una sciarpa trovata vicino al cadavere di Catherine Eddowes, si era arrivati ad identificare l’assassino con Aaron Kosminsky, un barbiere ebreo-polacco. L’uomo era stato rinchiuso in un manicomio a causa della sua schizofrenia, e li morì nel 1919 per una cancrena alla gamba. Alla fine, lo studio dei ricercatori che si sono dedicati a questo studio non ha convinto la comunità scientifica: c’è infatti chi sostiene che non esistono prove concrete che accertino l’appartenenza dello scialle alla vittima e che lo stesso fosse realmente sulla scena del crimine; inoltre, il DNA mitocondriale non può essere inteso come prova definitiva per collegare il barbiere agli omicidi. Ancora, l’analisi dello scialle ha sollevato non pochi dubbi: era troppo pregiato per appartenere a una prostituta di quei tempi e in più pare fosse stato prodotto in Russia. A tal proposito, uno dei più autorevoli istituti di ricerca al mondo, lo “Smithsonian Institute”, ha così commentato la ricerca: “Dopo 130 anni, finalmente conosciamo l’identità di Jack lo Squartatore? Sfortunatamente no. Come sottolinea Hansi Weissensteiner, un esperto di DNA mitocondriale, il DNA mitocondriale non può essere utilizzato per identificare positivamente un sospetto, ma eventualmente può solo escluderne uno, poiché migliaia di altre persone potrebbero avere lo stesso DNA mitocondriale.” In più c’è chi sostiene che i risultati non siano stati presentati i maniera corretta e risultano incompleti. Dunque, a oggi, il mistero che aleggia su quell’infausto periodo della Londra vittoriana è sostanzialmente rimasto tale.

Ancora, la storica Hallie Rubenhold, autrice del libro “The Five: The Untold Lives of the Women Killed by Jack the ripper”, tende a spostare l’attenzione dell’assassino alle sue vittime. Chi erano? Come vivevano? Per quale destino crudele hanno incrociato le loro tristi vite con quell’uomo spietato? Domande che ci invitano a riflettere. Si trattava di donne ai margini della società, costrette a vivere un degrado emotivo e pratico, che per un misero tozzo di pane erano obbligate a vendere il proprio corpo, la propria dignità, la stessa propria esistenza. Dimenticate da tutto e da tutti.

CURIOSITÀ

Il personaggio di Jack lo Squartatore è apparso un po’ ovunque. Dal cinema, alla televisione, ai fumetti, all’animazione, ai videogiochi, ai giochi da tavolo e in musica.

Una storia sconvolgente e raccapricciante, ancora dopo tanti anni, che ha attirato la mia attenzione sulla infinita brutalità umana, sul perverso desiderio di provare piacere infliggendo pene assurde e indicibili a soggetti più deboli e indifesi, su quanto la cattiveria e la malvagità possa devastare vite innocenti. Pur essendo dotati di raziocinio, spesso, troppo spesso, commettiamo gesti disumani e abominevoli…

Fabiana Manna

Pubblicato da Fabiana Manna

Salve! Sono Fabiana Manna e adoro i libri, l’arte, la musica e i viaggi. Amo la lettura in ogni sua forma, anche se prediligo i thriller, i gialli e i romanzi a sfondo psicologico. Sono assolutamente entusiasta dell’idea della condivisione delle emozioni, delle impressioni e delle percezioni che scaturiscono dalla lettura e dalla cultura. Spero di essere una buona compagna di viaggio!

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