Il treno dei bambini di Viola Ardone

Il treno dei bambini

A volte dobbiamo rinunciare a tutto, persino all’amore di una madre, per scoprire il nostro destino. Nessun romanzo lo aveva mai raccontato con tanto ostinato candore.
«Affilato e toccante» – Il Venerdì
«Ci siamo letteralmente innamorati di questo romanzo di formazione così commovente. Una storia piena di tenerezza, ironia e umanità» – Juan Milà, Harper Collins
«Uno di quei libri che rimangono sottopelle, che lasciano immersi nella storia anche quando l’ultima pagina si è chiusa» – Io Donna
È il 1946 quando Amerigo lascia il suo rione di Napoli e sale su un treno. Assieme a migliaia di altri bambini meridionali attraverserà l’intera penisola e trascorrerà alcuni mesi in una famiglia del Nord; un’iniziativa del Partito comunista per strappare i piccoli alla miseria dopo l’ultimo conflitto. Con lo stupore dei suoi sette anni e il piglio furbo di un bambino dei vicoli, Amerigo ci mostra un’Italia che si rialza dalla guerra come se la vedessimo per la prima volta. E ci affida la storia commovente di una separazione. Quel dolore originario cui non ci si può sottrarre, perché non c’è altro modo per crescere.
Viola Ardone (Napoli 1974) è laureata in Lettere e ha lavorato per alcuni anni nell’editoria. Autrice di varie pubblicazioni, insegna latino e italiano nei licei. Fra i suoi romanzi ricordiamo: La ricetta del cuore in subbuglio (2013) e Una rivoluzione sentimentale (2016) entrambi editi da Salani. Nel 2019 pubblica con Einaudi Il treno dei bambini.

Introduzione

Amerigo Speranza è un bambino come tanti, nella Napoli del secondo dopoguerra.
Abita in un “basso”, parola utilizzata dal dialetto napoletano per indicare una piccola casa al piano terra, in mezzo ai vicoli di questa grande e complicata città. Vive insieme a sua madre Antonietta che fa mille mestieri per tirare avanti, fra cui aiutare il suo amante “Capa e fierr” nel commercio clandestino del caffè.
Il Partito Comunista organizza una catena di solidarietà per dare l’opportunità ai bambini che vivono in condizioni di miseria di trascorrere un periodo presso famiglie del Nord Italia e Antonietta, seppur a malincuore, decide accettare la proposta di far partire il piccolo Amerigo per l’ Emilia Romagna.
A soli sette anni il bambino si trova catapultato in un mondo completamente differente, dove parole come di-gni-tà e ri-vo-lu-zio-nario acquistano finalmente un senso.
Un mondo che metterà Amerigo di fronte a una scelta fra i vincoli familiari e la sopravvivenza, fra il coraggio di essere se stessi e la paura di non essere niente.

Aneddoti personali

Ignoravo completamente la storia di questi bambini (circa dodicimila provenienti da Napoli, circa settantamila da tutto il Meridione) che agli inizi del secondo dopoguerra viaggiarono verso il centro e il nord Italia, dove furono ospitati per far fronte alle difficoltà e al forte disagio in cui versava il sud.
E’ davvero meraviglioso, secondo me, che una vicenda così sia accaduta davvero.

Recensione

La vita di Amerigo Speranza si spacca in due quando dalla sua casa di Napoli, in un quartiere popolare dove cultura e benessere sono solo parole, viene a contatto con un mondo differente, popolato da persone come Derna, che lo ospita per amor di partito ma che ha cura di lui come di un oggetto prezioso, come Rosa e Alcide che hanno già tre figli ma il cuore e la mente per amare anche quest’altro piccolo sottratto alla miseria e alla fame.
Questo momento segna il destino del bambino che, quando si troverà a decidere tra la voce del sangue e quella della libertà dalla povertà, sceglierà quella che gli darà più amore e più speranza, come il cognome che porta.
Ma ciò non significa che questa sarà la scelta che lo renderà più felice perché, nonostante tutto, sarà costretto a rinunciare a quella bellezza che pur esisteva attorno a lui, prima che quel treno che lo aveva portato al Nord, gli aveva aperto.
La malinconia del migrante e la poesia della napoletanità lo accompagneranno fino all’età adulta quando, attraverso Carmine, che, come era accaduto a lui, vive schiacciato dai problemi degli adulti, riuscirà a ricomporre i pezzi del puzzle della sua complicata esistenza e fare pace con il peso delle sue scelte.
Un romanzo di emozioni dunque, nel quale l’autrice ci porta alla scoperta del percorso di Amerigo dall’infanzia all’età adulta, descrivendo un’Italia del dopoguerra animata dai valori della so-li-da-rietà e la di-gni-tà, come li sillaba il protagonista, ma che può esser visto anche come il cammino esistenziale di ogni essere umano che cerca di cambiare il suo destino.
Straordinario l’uso del linguaggio pregno di napoletanità, che fa sentire il lettore come se stesse in quei vicoli nei quali è ambientata la storia.
“Mia madre Antonietta mi guarda brutto e io penso che sta arrivando un altro pacchero, invece mi dice:-E tu, che vuo’ fa?
Io rispondo che se mi danno le scarpe tutte e due nuove ci vado pure a piedi a casa dei comunisti, altro che treno.
Maddalena sorride, mia mamma fa con la testa in su e in giù, che poi significa: vabbuo’”

E lo stesso linguaggio è capace, in modo altrettanto suggestivo, di disegnare l’ambientazione del Nord Italia:
“Alla fermata inizio a tremare. – Hai freddo, – dice.
Io sento i brividi per tutto il corpo, ma non lo so se è per il freddo o per la paura.
La signora apre il cappotto, lo allarga e mi ci avvolge dentro.
– Con questo gelo e quest’umido ce li mandano su senza il paltò, dio bono…”

Conclusioni

Attraverso la lettura di questo romanzo, che peraltro vi assicuro farete tutto d’un fiato perché vi prenderà dalle prime parole fino alla conclusione, il protagonista, sebbene così giovane, ci porterà a porci significative domande sul peso delle cose materiali nella vita dell’uomo comune, sul valore morale degli obiettivi che ciascuno si dà e su quale possa definirsi il limite oltrepassabile per raggiungerli.
Ma soprattutto, e prioritariamente, quanto possa essere frustrante per un genitore non riuscire a dare ai propri figli quel benessere di cui ogni bambino ha diritto, al punto tale da rinunciare alla genitorialità.
E quanto possa essere innaturale ma, allo stesso tempo, incredibilmente vero che, per essere felici, talvolta bisogna rinunciare anche alla propria madre.

Voto

5/5

Citazioni

“Il compagno Maurizio si siede in mezzo a noi e apre il registro che tiene in mano.

– Dato che avete voluto «regalare» alle mamme vostre i cappotti dove stava scritto il nome e il cognome, – e ci guarda a uno a uno negli occhi, – adesso vi dobbiamo identificare daccapo.

Qua ci stanno gli elenchi con tutti i bambini, vagone per vagone, – e vuole sapere nome, cognome, paternità e maternità. Rispondiamo a turno e ci rimettono il cartellino con il numero .

Recensione di Rita Scarpelli

Pubblicato da Rita Scarpelli

Sono Rita Scarpelli e vivo a Napoli, una città complessa ma, allo stesso tempo, quasi surreale con i suoi mille volti e le sue molteplici sfaccettature. Anche forse grazie a questa magia, da quando ero bambina ho amato la lettura e la scrittura . Nonostante gli studi in Economia e Commercio mi abbiano condotta verso altri saperi e altre esperienze professionali, il mio mondo interiore è sempre stato popolato dai personaggi e dalle storie dei libri che leggevo e ancora oggi credo fortemente che leggere sia un’esperienza meravigliosa. Parafrasando Umberto Eco, “Chi non legge avrà vissuto una sola vita, la propria, mentre chi legge avrà vissuto 5000 anni…perché la lettura è un’immortalità all’indietro”. Lo scorso anno ho vissuto l’esperienza incredibile di pubblicare il mio romanzo di esordio “ E’ PASSATO”, nato dalla sinergia dell’ amore per la scrittura con la mia seconda grande passione che è la psicologia. E poiché non c’è niente di più bello di condividere quello che ama con gli altri, eccomi qui insieme a voi!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.