Il ritorno del Barone Wenckheim di László Krasznahorkai

Il ritorno del Barone Wenckheim

Làszlò Krasznahorkai
Giunto ormai al capitolo decisivo della vita, il barone Béla Wenckheim torna nel paese natio in una sperduta provincia ungherese. La sua è una figura avvolta nel mistero: chi lo incrocia lo descrive come inverosimilmente pallido, magro e alto come un grattacielo, occhi neri, sguardo trasognato. A causa dei debiti di gioco è fuggito da Buenos Aires, dove viveva in esilio, e non desidera altro che riunirsi al grande amore di gioventù, la sua Marietta o Marika: lui la chiama Marietta, ma per tutti gli altri è Marika. Il viaggio del barone si intreccia con quello del Professore, uno dei massimi esperti mondiali in muschi e licheni, che a sua volta si ritira dagli allori accademici per rinchiudersi in un selvatico eremitaggio e dedicarsi a faticosi esercizi di esenzione dal pensiero nelle immediate vicinanze della città di Béla Wenckheim. Il ritorno del barone, che nella tensione dell’attesa è foriero di ricchezza per tutti, è ammantato da un rincorrersi di voci e da un turbine di pettegolezzi; attraverso le pagine graffianti dei giornali scandalistici ci immergiamo nella realtà del mondo ungherese e nella condizione di precarietà non solo economica in cui versa. Ma cosa succede se il Messia tanto atteso non porta con sé la salvazione ma anzi il giudizio universale? Un romanzo visionario che racconta l’assurdità del presente al ritmo di una marcia funebre.
L’autore
László Krasznahorkai è nato a Gyula, in Ungheria, nel 1954. Ha vinto numerosi premi internazionali e le sue opere sono state pubblicate in molti paesi. È considerato dalla critica il più importante scrittore ungherese vivente, è autore di sette romanzi e cinque raccolte di racconti. Nel 2015 ha vinto l’International Man Booker Prize. Bompiani ha pubblicato nel 2016 Satantango, finalista al Premio Gregor Von Rezzori e al Premio Strega Europeo 2017.

Introduzione

László Krasznahorkai ungherese, natio autore di sette romanzi e cinque raccolte di racconti. Lo scrittore più visionario attualmente nel mondo ungherese. Uno scrittore enigmatico che mette alla prova lettori, li rende necessari al romanzo. Ogni lettore, dovrà scorgere la propria capacità e ricostruire i dialoghi spezzandoli e cucendoli a d’uopo uso.

Recensione

Un viaggio di ritorno con i fotogrammi che scorrono da un finestrino ed il sobbalzo di un treno, chi sarà codesto viaggiatore del ritorno? Chi di noi non ha mai pensato alla propria esistenza, come un nulla senza la visione di uno spiraglio di luce, senza poter credere nel proprio futuro, chi di noi non ha un cuore che ha almeno una volta nella vita per un amore ormai perso, chi di noi non è legato al proprio natio e cercarne un riscattoso ritorno, chi di noi non ha mai…?
Ma proprio tutti noi, tutti i “chi di noi”, ci diamo risposte assolute e indefinite, risposte che un oracolo improbabile ci porta, a dir il vero, porta come cometa la voce di un nuovo re che ci dia riscatto, questo nuovo re’ non manca di aprire il cuore e la mente, lasciando uscire il brillare che illumina la nostra vita, lasciandola godere al proprio ego. Ma ogni trama ha sempre la maglia allargata, come in una musicalità di Beethoven esasperata da una ritmica e futurista Arancia Meccanica, l’ultraviolenza, si ritorce deludendo i compagni con una deleteria frustrazione di risentimento astio, che viene curato con violenza e odio. Nel suo autoimposto esilio Béla Wenckheim barone ungherese (o a rappresentanza di personalità e animi Nichilisti), affronta nel suo percorso di rimpatrio, la contrapposizione alla sua razionalità. Il professore anonimo studioso romantico sognatore, offre la speranza di una ultima possibilità, rendere al mondo degli uomini accoglienza e illusione Invero immaginate la estrema delusione al ritrovarsi di fronte una persona che non rispecchia le speranze e neppure virilità di un Uomo. Il tutto si svolge in una cittadina senza futuro, destinata ad una biblica condanna, gli abitanti biechi e indefinibili individualisti senza neppure un minimo di personalità. Codesti non hanno un nome, e per identificarli, si è reso necessario dar loro un ruolo nella società di questo nullo paese : le Forzelocali ed il loro comandante, una biblioteca il suo bibliotecario direttore, un preside e un benemerito incapace di uscire da se stesso, il Sindaco. A questo punto, la pesantezza che lascia questo ingombrante compagno di viaggio, avvolge l’intero paese, come un virus letale, una muffa inarrestabile, gli effetti devastanti di queste spore tossiche ed incomprensibili, danno voce a tutti gli abitanti coinvolti, a tutti i lettori ubriacati da questa scrittura, che estrapola dalle gole pensieri egocentrici, disconnessi e saturi di sentimenti. Le pagine che si susseguono, confuse caotizzate dalla ricercata libertà di ossigeno, vengono date a responso di ogni lettore. Immancabili sensazioni che si verificano tra le virgole e le parole ridondanti, come un eco inesorabile. In questo vorticare di parole, in questo universo di un mondo mai superato, un tempo mai realizzato come un viaggio nei nostri pensieri di libertà, non lasciano grandi rimembri al Barone ed al lato opposto della luna, rappresentato dal professore, tutto ciò, li annulla inesorabilmente, portandoli all’oblio più buio. Al termine rimane ben poco, svanisce l’illusione del credente in un aiuto onnipotente, amareggia la consapevolezza del leggersi nel nulla, la certezza che nulla diverremo.

Conclusioni

Cari lettori, armatevi di nichilismo, come l’autore richiede mentre affondate la mente nelle innumerevoli pagine. Adoro la prosa ricercata cupa che tesse questa tela, che piatta questo arazzo con fili in tinte rudi. Questa opera è una sfida, una grande dimostrazione di estro e di frusta, una vergata di malinconia e tristezza, moderno ma con riferimenti a classici dell’Est, glaciale come un freddo inverno del Nord, ma altrettanto riflessivo.

Recensione di Daniele Cavani

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