IL BOSCO DELLE MORE DI GELSO di Filippo Mammoli

il bosco delle more di gelso

Filippo Mammoli
Un bambino abbandonato in fuga da tutto e da tutti, il cui nome è l’unica traccia per tentare di far luce sul suo oscuro passato. Un caso di omicidio avvenuto in circostanze singolari con un cadavere orrendamente deturpato e reso irriconoscibile, affidato al commissario Tarantini. Due malviventi di Malaga, signori incontrastati nel loro quartiere malfamato, intenti ad arricchirsi alle spalle del loro capo. Toccherà al vulcanico commissario livornese trapiantato in Sicilia l’arduo compito di sbrogliare questi tre fili di una matassa ingarbugliata come le antiche reti della tonnara di Scopello dove tutto comincia e tutto finisce. Si chiude così, con un colpo di scena finale, un cerchio che ha compiuto un giro larghissimo tra le battute sagaci e i colpi di genio di Tarantini, i deliri di onnipotenza e le malefatte dei criminali spagnoli e i flash improvvisi che tornano nella memoria del bambino per regolare i conti con un passato inquietante.

Introduzione

Un piacevole poliziesco siciliano, che narra di un’indagine per omicidio condotta da un certo Commissario Tarantini. La vittima viene trovata con la testa mozzata e ciò ha puzza di mafia. Altro personaggio principale è Ahmed, un bambino straniero che per cause ignote si trova improvvisamente solo e per sopravvivere si nutre di more di gelso. Il sole e il mare della Sicilia fanno da contorno nel teatro delle vicende, che si collegano a quelle di un posto più lontano, ma altrettanto lambito dal sole del sud.

Recensione

Ahmed è un bambino straniero, che a causa di circostanze ignote si ritrova solo e impaurito nella campagna a ridosso di Castellammare del Golfo, in Sicilia. Traumatizzato da fatti che la sua mente cerca di scacciare, vaga in cerca di un rifugio sicuro, ma il pericolo di qualcosa lo assilla e la minima ombra che si muove attorno a lui lo terrorizza. Trova riparo in una casa disabitata, in cui la polvere e le ragnatele dimostrano che in quel luogo non viveva più nessuno da anni. I morsi della fame e della sete prevalgono però sulle sue paure: è l’istinto di sopravvivenza che lo induce a osare là dove potrebbe esserci un pericolo. Le sue notti sono disturbate da sogni cupi. Il grave trauma psicologico lo pervade e le cause si riveleranno misteriose quanto terribili. Un giorno, una bambina di nome Valeria appare ad Ahmed. Lui dapprima si nasconde vedendo il pericolo di fronte a sé, terrorizzato dai suoi ricordi cupi. Dopo, la bambina lo convince a non avere timore di lei. In Ahmed riaffiora l’innocenza di bambino e apparentemente la sua diffidenza mista a paura diventa più blanda senza tuttavia abbassare la guardia, perché anche l’anima innocente di un bambino come lui, nella sua mente sconvolta, può essere un pericolo.
Il Commissario Tarantini, livornese di origine, dirige il Commissariato di Castellare del Golfo. Un giorno, viene chiamato dal collega che dirige il Commissariato limitrofo, tale Paternò, che chiede collaborazione per un caso d’omicidio. Tra i due non corre buon sangue, tuttavia Tarantini risponde alla chiamata che riguarda il misterioso ritrovamento di un cadavere dalla testa mozzata.
Tarantini ha un carattere burbero, odia i formalismi, la retorica e l’ipocrisia. Ma è la sua schiettezza la caratteristica più apprezzata dai suoi collaboratori diretti. Il suo intuito è sopraffino quanto la sua abnegazione al servizio. Tuttavia, quel cadavere dalla testa mozzata lo mette in apparente difficoltà, non trova legami con nulla; c’è solo la testimonianza di un pastore omertoso, che Tarantini, con un espediente “informale” come suo stile, riesce a ottenere. Ma il caso è complicato, sembra irrisolvibile.
In un altro luogo, nell’andalusa Malaga, la criminalità organizzata in stile mafioso domina certe zone della città, in cui dà protezione in contropartita di un “pizzo” e gestisce il traffico di armi e di droga. Carlito ne è il boss e traffica con la mafia siciliana. Il Commissario Paternò, in Sicilia, sta indagando proprio su quei traffici. Un’indagine complicata in cui mancano, però, ancora tasselli importanti.
Nel frattempo Valeria, che è la figlia di Tarantino, racconta a suo padre di Ahmed. Il Commissario, intuisce subito la gravità dello stato in cui si trova il bambino e si attiva immediatamente per proteggerlo.
Queste vicende appaiono isolate, esiste una comune denominatore o sono destinate a concludersi così, separate tra loro? Il lettore lo scoprirà durante la lettura, anche perché il finale lo sorprenderà

Conclusioni

La lettura del romanzo è piacevole. L’autore calibra molto bene i discorsi diretti e indiretti e nelle descrizioni lascia al lettore la giusta fantasia.
Lo stile complessivo evoca un po’ quello di Camilleri, sia come trama, sia come ambientazioni. Forse pecca un po’ di originalità. Infatti Tarantini è molto assimilabile a Montalbano, soprattutto nel carattere; come è assimilabile il caso poliziesco nel suo complesso.
Tuttavia il romanzo è ben scritto. I dialoghi sono efficaci, sebbene, forse, potevano essere più pregni di sicilianità; l’uso del vernacolo si sarebbe adattato molto bene al contesto del romanzo. I caratteri dei personaggi sono comunque ben rimarcati e il lettore può cogliere visivamente le varie scene, come in una fiction. I caratteri di Ahmed ricordano un po’ il Pin nel romanzo di Italo Calvino “Il sentiero dei nidi di ragno”; in cui le vicende sono viste dagli occhi di un bambino.
L’intreccio dei fatti è centrato, l’alternanza dei capitoli per ogni vicenda, soprattutto all’inizio, rimarca molto lo stile dei romanzi americani. Tuttavia quest’alternanza di dissolve dopo la metà, quando l’intreccio si sviluppa ed è questo che non annoia il lettore, ma lo induce a proseguire fino alla fine.

Recensione di Giovanni Margarone

Pubblicato da Giovanni Margarone

Sono Giovanni Margarone, sono nato nel 1965 e scrivo narrativa. I miei romanzi rientrano maggiormente in quelli di formazione, per via dell’evoluzione che fanno compiere (innanzitutto interiore e non solo) ai protagonisti (dall’infanzia all’età adulta, risalendo sovente alle origini, scavando nella storia del personaggio). Forte è la componente introspettiva e psicologica, per cui il personaggio resta sempre e comunque l’elemento centrale delle narrazioni, che potrebbero essere quindi ambientate in qualunque luogo. Sono un autore che vuole scrivere per gli altri, perché diversamente la mia sarebbe un’attività monca, fine a se stessa. Interpreto la scrittura come il mezzo più efficace per trasmettere sentimenti, emozioni e per indurre alla meditazione. Questa interpretazione trascendentale della scrittura mi è assai cara, perché ritengo che la spiritualità faccia parte di noi stessi e che lo spirito vada nutrito. Ho finora scritto e pubblicato quattro romanzi: “Note fragili” (2018, seconda edizione), “Le ombre delle verità svelate (2018, seconda edizione), “E ascoltai solo me stesso” (2019, seconda edizione) e “Quella notte senza luna” (2018). Inoltre, nel 2019 un mio racconto “Il segreto del casone” è stato inserito nell’antologia “Friulani per sempre” – con postfazione di Bruno Pizzul - edito da “Edizioni della sera”. Nel novembre 2019 sono stato insignito di una “Benemerenza” dal Comune di San Giovanni al Natisone (UD) (dove risiedo) per meriti letterari. Sono membro della Commissione Cultura del Comune di San Giovanni al Natisone (UD). I miei romanzi hanno ricevuto numerosi premi letterari. Il mio sito ufficiale è https://margaronegiovanni.com/

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