I nomi di Luca Ravettino

I nomi

I nomi

Luca Ravettino
Cinque clienti abituali di un bar della Riviera si ritrovano a condividere storie di disperazione e fallimento. Al termine di un’ubriacatura collettiva, prendono “in prestito” uno yacht e si ritrovano nella più grande tempesta del Mediterraneo. Vanno alla deriva per giorni e scoprono sulla barca un piccolo tesoro in diamanti. Inizia così una picaresca avventura che li farà attraversare il Mediterraneo fino a raggiungere la Siria nel pieno della guerra del Califfato, e poi ancora la Turchia, Baku e le steppe dell’Asia centrale. Incontreranno scafisti, politici, terroristi, muse e fate ignoranti, come anche la disperazione vera e la violenza implacabile della Storia. E alla fine di questa odissea ognuno di loro riuscirà a darsi una seconda possibilità, perché questa, in fondo, è una favola.

Introduzione

Quando ho iniziato a leggere questo romanzo di Ravettino, scrittore ligure di raro talento, ho subito pensato a quando mi reco nel solito bar per fare colazione, prima di andare a lavorare nel mio studio in centro città. Lì, verso le sei e trenta del mattino, trovo alcune persone, sempre le stesse ormai da anni, delle quali a malapena ricordo qualche nome, ma ho bene impressi i volti e i loro discorsi. Quelle persone non sono amici tra loro, in fondo non si conoscono, ma sogliono condividere con spontaneità le loro esperienze di vita, a volte crude, spesso con un bicchiere di birra o vino in mano e una sigaretta tra i denti. E i discorsi di quelle persone sono pressoché diretti da colei che può definirsi una cabina di regia: la banconiera, la quale, talvolta, diventa una moderatrice. Questa situazione, che appunto io vivo da anni, l’ho ritrovata nella parte iniziale del romanzo e mi ha incuriosito alquanto, ma non credevo che quegli avventori potessero, in tutta la loro spontaneità, ritrovarsi fuori da quel bar, insieme, trascinati da una burrascosa serie di eventi, in cui anche il più preparato ed esperto degli uomini si sarebbe trovato in gravi difficoltà.

Recensione

Il bar Paradiso, ubicato in un piacevole luogo della riviera ligure, è gestito da un tale soprannominato Gesù. Proprio in quel luogo inizia la storia di cinque personaggi dei quali solo di uno viene svelato il nome: Sam, Samuele. L’autore, con questo dettaglio non trascurabile, vuole sottolineare quanto non sia importante il nome di una persona, bensì la sua storia di vita, dal cui racconto si potrebbe trarne addirittura un romanzo. Sì, perché la storia di ognuno di noi è diversa ed è inconfutabile che serba sempre un qualcosa di interessante da evidenziare e da narrare, sebbene di primo acchito non lo sembri. I cinque personaggi non hanno in comune nulla se non alle spalle una storia di vita disastrata, fatta di delusioni e drammi esistenziali, di una vita che non ha risposto a favore, bensì si è rivoltata contro con le sue vicende tragiche e talvolta paradossali. Non sono amici e non si considerano tali, ma i loro discorsi alimentati dall’alcol, da loro considerato unico elemento capace di non farli implodere su se stessi, sono come fiumi che irrompono in quel bar e giungono inevitabilmente alle orecchie di Gesù, che con pazienza, e talvolta divertito, controbatte i suoi ospiti. Ma il repentino succedersi degli eventi, abilmente congeniato dall’autore, porta i protagonisti fuori da quel bar, in mezzo a un mare in burrasca a bordo di uno yacht rubato, sul quale saranno costretti a condividere inconsapevolmente l’amaro gusto dell’ignoto, denso di paure e sorprese, per far intendere quanto la vita, nel suo divenire, sia una concatenazione di cause ed effetti che alimentano ineludibilmente la paura per il futuro. Durante quella navigazione errante, s’innesca in loro la consapevolezza delle conseguenze del furto di quell’imbarcazione e sulla base delle loro esperienze di vita, che continuamente i personaggi si scambiano in un costante eloquio introspettivo dettato dalle circostanze, decidono di non girare la prora verso il punto di partenza, ma di proseguire per approdare in qualche modo nella sponda opposta del Mediterraneo. Il ritrovamento fortuito all’interno dello yacht di un sacchetto di diamanti di inestimabile valore sarà il loro punto di forza, sperando che la vendita in un luogo lontano da casa sia fonte di un profitto che consenta loro di iniziare una vita magari diversa come successe nel Fu Mattia Pascal. Ma l’evolversi degli eventi rivela un’avventura irta, piena di insidie e pericoli. I personaggi si troveranno addirittura coinvolti in situazioni di massimo pericolo per le loro stesse vite. Infatti, abbandonate le acque del Mediterraneo, approderanno a Cipro, poi in Libano e da lì in Siria, finendo in Turchia, fino ad arrivare a Baku e poi nella steppa dei Cosacchi. In Siria conosceranno il crudo sapore della guerra con le sue atrocità e sofferenze, ma faranno anche conoscenze interessanti, così diverse da quelle del loro vissuto. Un rocambolesco viaggio che farà sorgere in loro quella brama di riscatto che sembrava perduta, quel sentimento apparentemente smarrito perduta nello sterminato deserto della rassegnazione e dello sconforto. I loro nomi, a parte quello di Sam, non saranno mai svelati, ma non è questo il riferimento del titolo come potrebbe sembrare. A un certo punto del romanzo, uno dei personaggi, nelle sue considerazioni su quell’avventura, parla della Bibbia e del libro dell’Esodo che nella religione ebraica si chiama “I nomi” e qui troviamo tutto il senso del romanzo. Infatti, pensando in quel passo della Bibbia, il popolo di Israele viene condotto da Dio fuori dall’Egitto, dove era stato posto in schiavitù, verso la Terra Promessa. I nostri personaggi pensano quindi che una forza del destino, magari lo steso Dio, li abbia condotti in quell’avventura, affinché trovino una nuova dimensione esistenziale che porti alla rinascita, quello stimolo a reinventarsi quando tutto sembra ormai perduto. Nei loro discorsi, descrivono anche la loro visione del mondo; talvolta litigano, perché ognuno di noi ha punti di vista differenti e questi possono essere così distanti da essere inconciliabili: questo è un altro messaggio che l’autore ci vuole trasmettere e di ciò bisogna farne tesoro.

Conclusioni

È un romanzo che, malgrado le apparenze, persegue fino in fondo un filo logico. Ravettino è stato abilissimo a descrivere i tratti psicologici dei personaggi grazie ai loro stessi discorsi. Infatti i dialoghi, connotati da una densa spontaneità per rimarcare il modus vivendi dei protagonisti, costruiscono progressivamente il loro essere e ciò che potrebbero essere, in una sorta di costante confronto tra dolori e gioie passati e la realtà del presente talvolta grottesca e rischiosa. Nei dialoghi sono presenti anche vocaboli volgari, ma non avrebbe potuto essere altrimenti. La volgarità, se messa al punto giusto in un determinato contesto è appropriata e certi termini spigolosi non fanno che conferire il giusto colore al profilo di un personaggio. È un romanzo introspettivo, sotto certi versi. Notevole è l’affresco storico contemporaneo di riferimento; infatti, soprattutto nella parte riguardante i personaggi che si trovano malauguratamente coinvolti nella guerra in Siria, lo scrittore ne fa risaltare tutta la tragicità, vissuta tramite i suoi personaggi, con tratti addirittura poetici. Le descrizioni di persone e ambienti sono ammirevoli tanto da indurre nel lettore una efficace interpretazione visiva delle vicende narrate. È romanzo che coinvolge. L’incalzare delle situazioni induce a proseguire la lettura in modo da arrivare a un finale per certi versi sorprendente. L’esposizione è fluente ed accattivante.
È un romanzo da leggere assolutamente, non ve ne pentirete e ve lo dice uno che è avvezzo alla verità.

Recensione di Giovanni Margarone

Pubblicato da Giovanni Margarone

Sono Giovanni Margarone, sono nato nel 1965 e scrivo narrativa. I miei romanzi rientrano maggiormente in quelli di formazione, per via dell’evoluzione che fanno compiere (innanzitutto interiore e non solo) ai protagonisti (dall’infanzia all’età adulta, risalendo sovente alle origini, scavando nella storia del personaggio). Forte è la componente introspettiva e psicologica, per cui il personaggio resta sempre e comunque l’elemento centrale delle narrazioni, che potrebbero essere quindi ambientate in qualunque luogo. Sono un autore che vuole scrivere per gli altri, perché diversamente la mia sarebbe un’attività monca, fine a se stessa. Interpreto la scrittura come il mezzo più efficace per trasmettere sentimenti, emozioni e per indurre alla meditazione. Questa interpretazione trascendentale della scrittura mi è assai cara, perché ritengo che la spiritualità faccia parte di noi stessi e che lo spirito vada nutrito. Ho finora scritto e pubblicato quattro romanzi: “Note fragili” (2018, seconda edizione), “Le ombre delle verità svelate (2018, seconda edizione), “E ascoltai solo me stesso” (2019, seconda edizione) e “Quella notte senza luna” (2018). Inoltre, nel 2019 un mio racconto “Il segreto del casone” è stato inserito nell’antologia “Friulani per sempre” – con postfazione di Bruno Pizzul - edito da “Edizioni della sera”. Nel novembre 2019 sono stato insignito di una “Benemerenza” dal Comune di San Giovanni al Natisone (UD) (dove risiedo) per meriti letterari. Sono membro della Commissione Cultura del Comune di San Giovanni al Natisone (UD). I miei romanzi hanno ricevuto numerosi premi letterari. Il mio sito ufficiale è https://margaronegiovanni.com/

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