Figli : maneggiamoli con cura

Grafica a cura di Lara Michelotti

Agli inizi del Novecento Maria Montessori, educatrice dalla cultura poliedrica, ha introdotto un nuovo metodo per lo sviluppo psico-fisico dei bambini: un sistema educativo “orientato verso il basso”, grazie al quale il bambino non cresce imitando l’adulto, ma piuttosto seguendo un percorso autonomo verso l’indipendenza, nel rispetto del naturale sviluppo fisico, psicologico e sociale.
Un’educazione definita come cosmica, con l’obiettivo precipuo di veicolare, attraverso la grande legge che regola l’universo, il principio che sulla terra ognuno ha una funzione ed è solo mettendosi in relazione con il contesto generale che si può esplicare la propria.
Nel corso del secolo scorso si è via via andato affermando l’assioma che la libertà dovesse essere elemento fondante dell’educazione e noi stessi, nati dagli anni ‘60 in poi, ne abbiamo ricevuto una sempre più protesa a renderci figli “adulti felicemente liberi”.
E in nome di quella “felicità libera” i nostri genitori hanno cercato di darci ciò che, dal loro punto di vista, era il meglio, identificato con tutto quello che essi non avevano mai avuto: la frustrazione infatti non doveva assolutamente popolare le nostre emozioni.
Tale trend si è fortemente consolidato nel corso della seconda metà del Novecento, diventando un imperativo categorico ben preciso: “educare nel benessere”.
Dove per benessere si va ben oltre un quantitativo incredibile di giocattoli: benessere vuol dire fare due sport alla settimana, il corso di lingue straniere, la scuola di musica e altre mille attività che scandiscono il nostro ruolo genitoriale.
E se un compagno/amico di nostro figlio effettua qualche altra attività o possiede un qualsiasi altro gioco che il nostro non ha, bisogna provvedere subito a sanare la carenza perché, appunto, il sentimento della frustrazione non deve mai albergare nei cuori dei figli dell’era moderna.
Eppure la frustrazione, termine istituzionalizzato proprio da Freud, altro non è che “una condizione psicologica di mancato appagamento di un bisogno” e proprio il grande psichiatra la definisce fondamentale per lo sviluppo dell’Io.
Il nostro ruolo genitoriale si complica ulteriormente nella fase adolescenziale: al fine di non subire l’oscuramento della comunicazione, siamo spesso portati a diventare amici dei nostri figli, negandoci il diritto-dovere di opporci alla loro volontà.
Ma l’adolescente, per crescere, deve assolutamente contrapporsi ai suoi genitori, perché è solo così che sviluppa la sua personalità: nonostante sia estremamente più semplice scendere al loro livello, nel percorso di crescita è il ragazzo che deve mirare al mondo adulto come un obiettivo da raggiungere.
E’ quella la meta da raggiungere e nessuna conquista che abbia realmente senso può avvenire senza conflitti.
La nostra può definirsi essenzialmente una “società adolescente”: un universo esistenziale nel quale il ruolo di genitore viene individuato come dispensatore di felicità e quello del figlio come oggetto della gratificazione personale di chi l’ha procreato.
Ma in realtà cosa significa educare?
Come molti sanno, educare deriva dal latino e significa “tirar fuor”, “portare alla luce”.
Educare è un “mestiere” per il quale si viene “assoldati” dal momento del concepimento e che dura finché siamo sulla terra.
Quello del genitore, come afferma Massimo Recalcati, è davvero un “mestiere impossibile”, ma per tutto il tempo del nostro “incarico”, noi genitori siamo erogatori di energia per i nostri figli e tale energia è il carburante per farli crescere e diventare autonomi.
Educare i propri figli significa riuscire ad esserci con la testa, oltre che con i mezzi; significa dire di no alle richieste, anche se sappiamo che vivranno il sentimento della frustrazione; significa accettare la loro rabbia e i loro silenzi, quando ci contrapporremo alle loro scelte.
Soprattutto perché viviamo in una società fluida dove i modelli esistenziali e familiari sono oltremodo articolati: dalla famiglia monoparentale a quella “mono sesso”, dalla “estesa” alla convivenza…per citare solo alcuni dei modi di fare famiglia oggi.
Ed in ognuno di tali contesti si stanno sviluppando dinamiche relazionali e comportamentali che rendono ancor più complesso l’essere genitore, riuscendo a mantenere l’autorevolezza del ruolo nonostante le inevitabili complicatezze insite in una società in fase di assestamento.
Non felici. Autonomi. Perché se vogliamo che il mondo diventi migliore di quello che abbiamo costruito fino ad oggi, c’è bisogno di adulti indipendenti ed equilibrati e ogni genitore è chiamato in causa quale responsabile del processo evolutivo dell’umanità: i figli non hanno bisogno di conoscere due lingue, di eccellere in tutti gli sport, di avere IPhone o Mac per essere felici.
Anzi, a mio modesto avviso, la felicità non è assolutamente una priorità per i nostri figli.
Ricordando le parole del Dalai Lama, noi genitori siamo piuttosto chiamati a dare loro “ali per volare e radici per tornare”.
E poiché sono oggetti preziosi, a maneggiarli con grande cura.

Pubblicato da Rita Scarpelli

Sono Rita Scarpelli e vivo a Napoli, una città complessa ma, allo stesso tempo, quasi surreale con i suoi mille volti e le sue molteplici sfaccettature. Anche forse grazie a questa magia, da quando ero bambina ho amato la lettura e la scrittura . Nonostante gli studi in Economia e Commercio mi abbiano condotta verso altri saperi e altre esperienze professionali, il mio mondo interiore è sempre stato popolato dai personaggi e dalle storie dei libri che leggevo e ancora oggi credo fortemente che leggere sia un’esperienza meravigliosa. Parafrasando Umberto Eco, “Chi non legge avrà vissuto una sola vita, la propria, mentre chi legge avrà vissuto 5000 anni…perché la lettura è un’immortalità all’indietro”. Lo scorso anno ho vissuto l’esperienza incredibile di pubblicare il mio romanzo di esordio “ E’ PASSATO”, nato dalla sinergia dell’ amore per la scrittura con la mia seconda grande passione che è la psicologia. E poiché non c’è niente di più bello di condividere quello che ama con gli altri, eccomi qui insieme a voi!

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